Luca Gandolfi

Dottore in Scienze Politiche

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Premessa Metodologica
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Una premessa metodologica è un chiarimento necessario all'inizio di un lavoro così complesso e articolato come quello che mi accingo ad affrontare: è necessario sia al sottoscritto per organizzare al meglio il proprio lavoro, in modo da conferirgli una sistematicità e un'accuratezza che gli permettano una trattazione "imparziale, non-ideologica e completa" dell'argomento; sia al lettore, per avere fin dall'inizio ben chiaro cosa debba attendersi dalle pagine che verranno a seguire.

Il primo punto che intendo specificare risponde alla domanda "che cos'è questo lavoro?". La risposta sembrerebbe apparentemente ovvia e semplice: è una tesi di laurea. In realtà non è solo questo, o almeno non vuole - nelle intenzioni dell'autore - essere solo questo. E' un impegno intellettuale che mi appassiona ormai da diversi anni e che ha assorbito grande parte del mio tempo, della mia attenzione e dei miei scritti. Risulterebbe assai riduttivo racchiuderlo in un'etichetta come "tesi di ricerca" o "tesi compilativa", poichè al suo interno sono sì presenti molti elementi di queste due definizioni, ma vi è anche molto di più: è soprattutto presente una corposa parte propositiva - la seconda parte - che rielabora le idee e le analisi di altri autori e pensatori per farne una valutazione critica (già presente nella prima parte) e formulare un modello alternativo, e il più possibile completo, di democrazia: un modello di democrazia diretta. Se proprio si desidera attaccare un'etichetta a questo lavoro, allora suggerisco l'utilizzo della definizione di "tesi" senza ulteriori specificazioni, oppure di "tesi-tesi".

Una "tesi di relazione" (o compilativa) infatti non è altro - o poco più - che un lavoro di ricerca bibliografica centrato su alcuni autori, di esposizione del loro pensiero, e, nel migliore dei casi, di una valutazione critica delle loro analisi. E' un tipo di lavoro che non fa crescere di molto intellettualmente il lettore e neanche il mondo accademico; anche quando si riesce a fornire una nuova visione o interpretazione sul pensiero di uno dei grandi del passato, si fa solo un piccolo passo verso uno sviluppo futuro. Spesso questo tipo di lavori sono poco più che autoreferenziali. Troppo poco per le ambizioni del presente studio. Certo un utile primo passo, ma sicuramente seguito da molti altri di tipo diverso e che aggiungono a un lavoro intellettuale quasi passivo una parte più propriamente creativa, che sarà poi il nucleo portante di questo lavoro.

Vi è poi la definizione di "tesi di ricerca", dal sapore empirico, di verifica delle proprie teorie o costruzioni intellettuali nei fatti della realtà attraverso tutti gli strumenti che ci sono forniti dalle discipline che si occupano di metodologia di ricerca (sociologica o delle scienze politiche che sia). Strumenti sicuramente utili ma che presentano dei limiti noti a tutti gli studiosi e dei rischi, primo fra tutti quello di conferire una "scientificità" e delle certezze a un ambito - quello delle scienze politiche e delle così dette "scienze sociali" - che non ne può avere, se non racchiudendolo in un tempo e in uno spazio specifico, che non può e non potrà mai dare delle leggi sempre valide in ogni luogo e in ogni tempo anche se in condizioni apparentemente simili. Lo scopo latente dell'empirismo, per lo meno di quello troppo spinto, di quello che sovrasta il lavoro intellettuale e che troppo spesso si nasconde dietro la presunta scientificità di sondaggi con un campione troppo limitato, è quello di confermare le proprie ipotesi, di conferirgli una legittimità arbitraria, di bloccare lo sviluppo intellettuale e di fornire delle "leggi scientifiche" che dei due termini che compongono la definizione hanno davvero poco o niente. Certamente esimersi completamente dal compiere un lavoro di ricerca empirica, sebbene possibile e legittimo, non aiuta; ciò che è vantaggioso e bisognerebbe quindi fare ogni volta che si compiono determinati sforzi, è di ricordarsi sempre i limiti e i rischi di questi strumenti, adoperandoli semplicemente come utili mezzi di lavoro, ma in modo che non prendano il sopravvento su quello che deve interessare realmente uno studioso, cioè il lavoro intellettuale vero e proprio, l'analisi approfondita del presente e del passato come passo iniziale per sviluppare quel mondo delle idee attorno al quale ruota tutta l'umanità.

Purtroppo i mezzi economici a mia disposizione sono troppo limitati per consentirmi una personale ricerca empirica che confermi le mie analisi e le mie ipotesi. La mia onestà intellettuale mi impedisce di compiere studi sul campo che avrebbero necessariamente campioni troppo limitati per avere una qualsiasi pretesa di scientificità. Mi limiterò quindi a riportare studi empirici, sondaggi e quant'altro possa essere ritenuto interessante da un punto di vista empirico, compiuti da altri autori che hanno avuto la fortuna di avere i mezzi a disposizione per compierli in modo corretto e con campioni adeguati. Pertanto anche il materiale empirico sarà presente in questa "tesi", ma non sarà il suo fulcro, sarà solo un utile strumento per compiere un secondo ulteriore passo verso la costruzione di un lavoro intellettuale il più completo possibile, con i limiti che la mente umana pone a ognuno di noi.

Lo scopo è quindi quello di riscoprire l'universo delle idee, avendo prima analizzato, e senza mai perderlo di vista, il mondo reale, costruendo in questo modo nuovi modelli, nuove proposte che cerchino di adattare e adeguare meglio le istituzioni e la società in tutti gli aspetti che la compongono alle richieste e alle esigenze del presente e del futuro.

La seconda domanda a cui è necessario dare una risposta esaudiente, al fine di non ingannare le aspettative del lettore è: "in quale disciplina accademica deve essere racchiuso questo lavoro?"

La risposta è tutt'altro che semplice. Potrebbe riguardare la scienza della politica come pure la filosofia politica; la sociologia politica come pure in parte il diritto pubblico nel suo aspetto di ingegneria costituzionale propositiva; la sociologia economica e altro ancora, la lista potrebbe allungarsi ancora di molto.

La verità è che quando si sceglie un argomento così complesso come la democrazia, in particolare la costruzione di un nuovo modello che si richiami alla democrazia diretta, non si può e non si deve chiudere i propri studi in un solo ambito accademico, bisogna invece utilizzare tutte le conoscenze e rendere in qualche modo interdisciplinare il modo di affrontare l'oggetto scelto per i propri studi. In ogni istante utilizzerò quindi la disciplina accademica che risulterà più idonea per specificare meglio il problema che starò affrontando, senza limitarmi inutilmente a un'unica disciplina. Rimanere sempre all'interno di una disciplina accademica impedisce infatti di affrontare i problemi nel modo più completo e esaudiente possibile. Con questo discorso non voglio sicuramente disconoscere i vantaggi e i meriti che negli anni hanno portato lo sviluppo di così tanti rami delle scienze sociali e politologiche, intendo solamente utilizzarne a pieno tutte le opportunità che ciascuna di esse può offrire, per sviscerare fino in fondo ogni possibile aspetto che l'oggetto in esame mi spingerà ad affrontare. Il mio non vuole essere uno studio di un problema di scienza della politica o di filosofia politica, il mio ha l'ambizione e forse la presunzione di diventare un "lavoro intellettuale completo" - o almeno il più completo possibile - su quello che è l'oggetto da me scelto, cioè: la Democrazia Diretta, un modello alternativo di democrazia.

La terza questione da affrontare è: "quale metodo di lavoro verrà utilizzato? come si svilupperà il lavoro?" La risposta non può certamente entrare troppo nello specifico, sarà sufficiente inquadrare in modo generale come si intende operare. E' mia abitudine utilizzare, se possibile, tutte le facoltà della mente umana, in particolare quella definita come "immaginazione": non nel suo significato che potrebbe far pensare all'opera della fantasia, bensì alla capacità di riuscire a "immaginare" la struttura e le caratteristiche della società che "potrebbe essere, ma che ancora non è", cioè di una società alternativa, costruita su valori e strutture politiche, economiche, massmediali, sociali e culturali diverse da quelle attuali. Non si tratta di un sogno utopistico, almeno nelle sue intenzioni non vuole esserlo, anche se il rischio è sempre presente; a questo riguardo cercherò di dimostrare che il modello alternativo da me costruito, oltre a essere desiderabile in teoria, è possibile anche in pratica. Ma per dimostrare questa seconda condizione, bisognerà utilizzare a pieno i poteri dell'intelletto e l'immaginazione innanzitutto.

L'analisi della realtà e le verifiche empiriche possono a volte aiutarci a capire meglio le cose, ma in altri casi possono essere ingannevoli, fuorvianti e niente più che uno strumento per legittimare e mantenere l'esistente, lo status-quo, a danno delle alternative, anch'esse possibili ma mai messe in atto. In questi casi, di solito, i riformatori cadono nel tranello e si preoccupano innanzitutto di evidenziare i difetti dei modelli da abbattere, piuttosto che costruire un modello alternativo effettivamente valido. La mia speranza è di evitare questo errore assai comune, certo criticherò il modello della democrazia rappresentativa mettendone in rilievo i difetti e i malfunzionamenti, ma non ne attaccherò la legittimità, saranno entrambi considerati due modelli legittimi e alternativi (o anche complementari). Il problema sarà quello di vedere quale dei due meglio si adatta alle condizioni della modernità.

Un altro errore compiuto di frequente, volontariamente o involontariamente, da molti studiosi è quello di confondere due livelli di lavoro, cioè il livello del modello teorico, sempre perfettamente funzionante; e il livello dell'applicazione pratica nella realtà, in cui di solito i modelli teorici vengono traditi nelle loro intenzioni più nobili, soprattutto a causa della corruzione dell'animo umano. Molti studiosi, anche di chiara fama, effettuano confronti tra un modello teorico da loro sostenuto e un modello empirico da loro avversato: il risultato è scontato, vince sempre il modello teorico. Cercherò di evitare anche questo secondo errore assai diffuso, pur consapevole che vi saranno notevoli difficoltà, poichè il modello che proporrò nella seconda parte è prevalentemente teorico, anche se immaginato e costruito attraverso le proposte intellettuali di molti studiosi del nostro secolo e di quelli precedenti, che hanno nutrito il loro pensiero con l'osservazione della natura umana e delle società esistenti. Prendendo spunto dal loro pensiero, rielaborandolo criticamente, aggiungendovi delle innovazioni che lo adattino alla realtà attuale, cercherò di costruire un modello di democrazia diretta che costituisca una reale alternativa all'ormai vacillante modello della democrazia rappresentativa, anch'esso nobile nei propositi, ma tradito troppo spesso nella prassi.

Una quarta questione che merita di essere trattata riguarda alcuni aspetti più tecnici di questa tesi, cioè la bibliografia e le note a piè di pagina. Per rendere più facile la ricerca della bibliografia da parte del lettore, si è ritenuto opportuno aggiungere, oltre alla normale bibliografia complessiva alla fine del testo, una bibliografia dei vari argomenti trattatati nella prima nota a pié di pagina di ogni nuovo paragrafo, con l'ulteriore ripetizione della fonte bibliografica ogni volta che c'è qualche citazione.

Le note a pié di pagina sono state utilizzate, oltre che per le già menzionate informazioni bibliografiche, anche per eventuali commenti o precisazioni dell'autore; o per approfondimenti dell'argomento trattato; o per specificazioni sul testo di qualche legge o altro; oppure ancora per citare alcuni brani che non vengono ritenuti direttamente inerenti al discorso che viene condotto, ma che possono comunque risultare utili al lettore, come ad esempio alcune teroie sviluppate in letteratura sull'argomento trattato; oppure la citazione di alcuni brani del mio precedente scritto sulla democrazia diretta, in alcuni casi per evidenziare la coerenza del discorso mantenuta nel corso del tempo, in altri per mostrare lo sviluppo che le proposte hanno avuto da allora.

Spero che quanto detto in questa premessa metodologica sia utile al lettore per sapere fin dall'inizio cosa attendersi da questa tesi, come leggerla - cioè senza tralasciare le note a pié di pagina - e poter quindi apprezzare a pieno il lavoro che in essa è stato svolto.

 

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