Luca Gandolfi

Dottore in Scienze Politiche

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Capitolo 8
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IL MODELLO DI DEMOCRAZIA DIRETTA:

ISTITUZIONI, PROCESSO DECISIONALE E STRUTTURA DELLO STATO

 

E' giunto il momento di esplicitare quale struttura, a nostro parere, lo Stato dovrebbe assumere per accogliere al suo interno la democrazia diretta: si valuterà l'opportunità o meno di conservare una istituzione come il Parlamento; si studierà il sistema di votazioni più idoneo e si mostrerà in cosa consiste il nuovo sistema di governo, le sue strutture e i suoi meccanismi; si chiarirà il ruolo che dovrà essere svolto dalla Pubblica Amministrazione e quali principi la dovranno ispirare; infine si rifletterà su come il federalismo possa essere utile per gestire meglio uno Stato fondato sulla democrazia diretta.

Il discorso si svilupperà partendo da un'analisi delle istituzioni che faranno parte del modello di democrazia diretta e di quelle che ne verranno escluse; delle prime ci si preoccuperà di spiegarne il ruolo che assumeranno e il modus operandi, per le seconde si espliciteranno le ragioni della loro esclusione. Una particolare attenzione sarà rivolta al processo decisionale attraverso i sistemi di tele-voto e al successivo momento dell'attuazione.

In seguito l'attenzione verrà spostata nella direzione della struttura vera e propria dello Stato e della suddivisione più idonea di esso ai fini di una maggiore efficienza e ricettività della democrazia diretta.

Quali sono le istituzioni di cui la democrazia diretta necessita? Quali quelle che devono essere escluse? Come avviene il processo decisionale, e come vengono attuate le decisioni? Quale sarà la composizione, la struttura del Governo e della Pubblica Amministrazione? Quali le loro funzioni? Quale struttura avrà lo Stato?

Queste, ed altre, sono le domande che ci poniamo e a cui cercheremo di rispondere in questo capitolo.

 

8.1 - Il Parlamento è ancora necessario?

Entriamo subito nel vivo della questione per chiarire se il Parlamento, l'istituzione simbolo della democrazia rappresentativa, abbia ancora qualche ragione per continuare ad esistere in uno Stato costruito sulla base della democrazia diretta.

Prima di rispondere è però utile spiegare quali sono le funzioni e il ruolo che esso ha svolto e svolge all'interno delle democrazie rappresentative.

8.1.1 - Il Parlamento nelle democrazie rappresentative.

All'interno delle democrazie rappresentative il Parlamento ha assunto da sempre un ruolo di estreme importanza, divenendo il mezzo principale per tutelare il principio previsto da molte Costituzioni - tra cui anche da quella italiana - secondo cui "la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione" (art. 1 Cost. It., 2° comma). Per ciò che riguarda la Costituzione italiana attualmente in vigore, la presenza implicita del Parlamento all'interno del primo articolo gli conferisce una posizione preminente, facendo di questo organo istituzionale lo strumento principale per l'espressione sistematica, anche se indiretta, della volontà popolare.

I vari Parlamenti presenti nel mondo contemporaneo hanno assunto diverse forme, ma hanno comunque tutti una serie di caratteristiche comuni: a- la forma assembleare; b- il carattere permanente, cioè capaci di un flusso decisionale continuo e dotati di una certa autonomia rispetto alle altre istituzioni; il pluralismo interno, attraverso la presenza di una pluralità di partiti, alcuni al governo e altri all'opposizione, tutti comunque con la possibilità di esprimere la loro posizione; c- il collegamento organico con i processi della rappresentanza, poichè la legittimità del Parlamento è legata alla rappresentanza della volontà dei cittadini, espressa tramite le elezioni politiche e il voto a uno dei partiti che poi entreranno far parte del Parlamento.

Secondo Cotta, quindi, potremmo giungere a dare una "definizione minima" di ciò che è un Parlamento:

"[Il Parlamento è] un'assemblea rappresentativa, permanente, e pluralistica."

La prassi ha dimostrato che l'assenza anche di uno solo degli elementi che compongono questa definizione muta profondamente la natura di questa istituzione. Se un Parlamento non è rappresentativo della volontà dei cittadini; o non ha al suo interno una pluralità di partiti e una opposizione; o vengono a mancare le altre caratteristiche, allora si tratta di un "Parlamento non-democratico".

In ogni caso, la caratteristica che maggiormente si lega al Parlamento, è quella della rappresentanza, poichè, come dice Cotta:

"l'attributo "rappresentativo" non qualifica soltanto una struttura politica (il Parlamento), ma addirittura un regime nel suo complesso (la democrazia rappresentativa)."

Il Parlamento si lega, quindi, in modo assai stretto al concetto di rappresentanza e al sistema della democrazia rappresentativa, in cui permette di mantenere - almeno in teoria - un rapporto tra i governanti e i cittadini. Esso è l'istituzione che fa da tramite tra i titolari della sovranità, cioè i cittadini, e chi la esercita, cioè i rappresentanti.

Nei regimi democratico-rappresentativi al Parlamento è solitamente affidata la funzione legislativa, che viene svolta seguendo i procedimenti stabiliti dalle Costituzioni dei vari paesi, dalle leggi ordinarie e dai regolamenti parlamentari. La scelta di affidare il potere legislativo al Parlamento è collegata al fatto che esso è l'istituzione che più di ogni altra è vicina alla volontà popolare, e quindi è legittimato a fare le leggi in nome del "popolo sovrano". Il potere legislativo non è però una sua esclusiva, in molti Stati - compresa l'Italia - esso è anche affidato al Governo, il quale negli ultimi anni sembra essersi impossessato di tale funzione oltre quelle che erano le intenzioni dei costituenti. Durante la XI legislatura italiana, fino alla fine del 1993, sono stati presentati 532 disegni di legge di iniziativa legislativa, di cui 230 sono stati approvati (43,2 %); nello stesso periodo, le proposte di legge di iniziativa parlamentare sono state 3171, di cui solo 347 sono state approvate (11,7 %). In ogni caso, il potere legislativo è quello che maggiormente caratterizza il Parlamento, anche se nella prassi il Governo se ne sta appropriando, almeno in parte.

Negli Stati in cui vi è una forma di governo parlamentare, il Parlamento ha la funzione di legittimare politicamente l'esistenza del Governo attraverso lo strumento della "fiducia". Il Governo diventa così espressione della maggioranza del Parlamento, e, indirettamente, della maggioranza della popolazione. Le forze di opposizione presenti in Parlamento svolgeranno la funzione di controllo delle attività del Governo, affidandosi agli strumenti della denuncia pubblica di quelle che secondo la loro opinione sono comportamenti scorretti, quanto meno da un punto di vista politico, se non addirittura formale.

Dove invece prevale la forma di governo presidenziale, in cui le due istituzioni - il Parlamento e l'esecutivo presidenziale - sono separate in modo netto, ognuna di esse è legittimata dal voto popolare. In questo sistema di governo, il Parlamento svolge una funzione di controllo sull'esecutivo, in particolar modo quando la maggioranza che lo compone è di colore politico differente da quella presidenziale. La funzione del controllo dell'esecutivo da parte del Parlamento comprende non solo un'attenta valutazione delle proposte e delle attività del Governo, ma anche di quelle della burocrazia, attraverso l'attività di apposite commissioni.

Riassumendo possiamo dire che le funzioni che il Parlamento deve svolgere all'interno delle democrazie rappresentative sono principalmente di tre tipi: la funzione rappresentativa; quella legislativa; e quella di controllo sulle attività del Governo. In realtà questa non è l'unica classificazione possibile delle attività e delle funzioni dal Parlamento, Bagehot ne individua sei: 1- quella elettiva; 2- quella espressiva; 3- quella educativa; 4- quella informativa; 5- quella legislativa; 6- quella finanziaria. Altre funzioni che spesso vengono attribuite al Parlamento sono: quella di consentire il reclutamento del personale politico, ma questa potrebbe venire inserita all'interno della funzione rappresentativa; e quella di consentire la mediazione e la negoziazione delle diverse posizioni tra i partiti, in un certo senso è il luogo in cui dovrebbero venire risolte le tensioni e i conflitti che nascono nella società civile, anche se spesso si è rivelato esserne addirittura la fonte (vedi Tab. 8.1).

 

Tab. 8.1 Funzioni del Parlamento nelle democrazie rappresentative, secondo vari autori.

Autore

Funzioni del Parlamento nelle democrazie rappresentative

Bagehot:

1- Funzione elettiva (designazione dell'esecutivo);

2- Funzione espressiva (trasmissione degli orientamenti popolari);

3- Funzione educativa (delle opinioni popolari);

4- Funzione informativa (di comunicazione degli interessi delle minoranze);

5- Funzione legislativa;

6- Funzione finanziaria.

Cotta:

1- Funzione di rappresentanza;

2- Funzione di controllo dell'attività governativa (diversa a seconda della forma di governo);

3- Funzione di policy-making.

Altri:

1- Funzione di reclutamento del personale politico;

2- Funzione di mediazione e luogo di negoziazione e di dibattito democratico.

 

Si è spesso dibattuto se il Parlamento, nella sua attività reale, riuscisse effettivamente a svolgere tutte queste funzioni che gli vengono attribuite. Esso dovrebbe essere il luogo della discussione aperta e democratica tra i rappresentanti del popolo, ma la prassi ha ampiamente mostrato come i luoghi delle decisioni siano altri, come le discussioni e gli accordi avvengano spesso in seguito ad incontri tra ristrette cerchie di persone, tra i leader degli schieramenti politici ed eventualmente i rappresentanti di alcune categorie professionali, o dei sindacati. Il Parlamento è divenuto il luogo dove questi accordi, presi altrove, vengono formalizzati e registrati attraverso le votazioni. Quello che il Parlamento avrebbe dovuto essere per la democrazia rappresentativa è rimasto solo sulla carta, nella pratica questo luogo in cui i rappresentanti avrebbero dovuto rendere onore alla democrazia si è trovato spesso privato della sua dignità e sfruttato come cassa di risonanza per gli scopi dei partiti o, tramite questi, di altri gruppi di potere e di interesse. In questo senso si può parlare di un declino del ruolo dei Parlamenti, anche se costituzionalmente continuano a conservare tutta la loro rilevanza e importanza fondamentale per le democrazie rappresentative.

8.1.2 - Il Parlamento nella democrazia diretta?

Il breve accenno alle caratteristiche e alle funzioni che il Parlamento svolge (o almeno dovrebbe svolgere) nelle democrazie rappresentative è stato reso necessario per poter meglio condurre il discorso sulla presenza o meno di questa istituzione nell'ambito della democrazia diretta.

E' chiaro che fino a quando si parlerà di modelli misti in cui una struttura dello Stato basata sulla rappresentanza verrà integrata da strumenti di democrazia diretta, il Parlamento conserverà tutte le sue caratteristiche e la sua presenza sarà indispensabile. Nonostante nella prassi sia stato spesso espropriato di alcune delle sue funzioni, esso rimane assolutamente indispensabile nelle democrazie rappresentative come unico strumento attraverso il quale può venire rappresentata la volontà dei cittadini, pur nella diversità delle forme che esso può assumere.

Ma nel caso in cui si ipotizzasse l'introduzione di un modello interamente concepito sulla democrazia diretta, il Parlamento avrebbe ancora ragione di esistere? Per rispondere in modo esauriente a questa domanda tornano utili le caratteristiche che abbiamo identificato in precedenza e che sono state ritenute indispensabili per l'esistenza di una istituzione che possa ritenersi un Parlamento: "un'assemblea rappresentativa, permanente, e pluralistica". E' evidente a chiunque che in una struttura interamente basata sugli strumenti della democrazia diretta si perderebbe la necessità della rappresentanza, pertanto una istituzione che ha come sua caratteristica peculiare proprio la rappresentanza diverrebbe assolutamente superflua e non solo non-necessaria. La sua presenza sarebbe assolutamente disfunzionale, dannosa è completamente irragionevole, tanto più se si considera che nel modello che stiamo costruendo è già stato ritenuto opportuno eliminare i partiti e proprio per la medesima ragione. La fine della necessità di rappresentare la volontà dei cittadini, poichè essa viene espressa direttamente attraverso il referendum e l'iniziativa popolare (servendosi dei sistemi di tele-voto), rende inutili i partiti e il luogo dove attualmente dovrebbero svolgere la loro attività politica.

Certo l'eliminazione dei partiti e del Parlamento sconvolgerebbe totalmente il modo di intendere e di vivere la democrazia e renderebbe ancora più evidente e netto il passaggio dalla democrazia rappresentativa a quella diretta. Per molti cittadini, compresi quelli a favore della democrazia diretta, questo potrebbe costituire uno shock iniziale. Proprio per questa, e per altre ragioni che analizzeremo in seguito, sarebbe giusto prendere in considerazione la possibilità di una fase di transizione in cui vi sia la presenza di entrambe le forme di democrazia e con una intensificazione dell'utilizzo degli strumenti di democrazia diretta rispetto al momento attuale, ma questo è un discorso che approfondiremo più avanti (vedi Cap 11).

Per ora ci preme rilevare come molte delle funzioni che oggi il Parlamento svolge nei regimi democratici rappresentativi diventano inutili nella democrazia diretta, questo sia che si segua la classificazione delle funzioni operata da Bagehot, che quella di Cotta. In particolare i cittadini si sostituiscono al Parlamento per ciò che concerne - seguendo l'elenco di Bagehot - la designazione dell'esecutivo, la funzione legislativa e quella finanziaria; la funzione espressiva perde di senso, poichè i cittadini non necessitano più di una istituzione rappresentativa della loro volontà; mentre la funzione educativa e quella informativa, che continuano ad essere necessarie, verranno svolte attraverso l'utilizzo di altri strumenti, in particolare le nuove tecnologie della tele-comunicazione interattiva (vedi Cap. 10).

Se, invece, facciamo riferimento allo schema delle funzioni identificato da Cotta possiamo notare che la rappresentanza non è più necessaria, come già detto più volte; che la funzione del policy-making viene svolta direttamente dai cittadini; mentre la funzione di controllo delle attività del Governo e della Pubblica Amministrazione, la cui necessità permane, verranno svolte da apposite Commissioni di controllo.

Per ora abbiamo stabilito che il nostro modello di democrazia diretta comporta l'eliminazione dei partiti politici e del Parlamento, poichè entrambi legati al concetto di rappresentanza e quindi inutili. Rimane ora da chiarire come avvenga il processo decisionale, come sia organizzato il sistema di votazioni e come venga governato il paese, cioè come agisce la democrazia diretta.

 

8.2 - Il processo decisionale

Il processo decisionale è il cuore, l'essenza di ogni sistema di Stato; pertanto è attraverso esso che possiamo capire fino in fondo in cosa consista la tanto citata "partecipazione attiva dei cittadini alla vita politica" che caratterizza la democrazia diretta.

Ai fini di capirne meglio il funzionamento lo divideremo in diverse fasi (vedi Tab. 8.2), anche se, come ci ricordano alcuni accademici - Allum, Wildavsky e Heclo - non sempre, nella realtà, è possibile determinare con precisione l'inizio e la fine di tale processo. Per questa ragione sarebbe più corretto parlare di "ciclo decisionale", poichè una volta giunti all'ultima fase, quella della verifica degli effetti dell'attuazione, è sempre possibile che si renda necessario un nuovo processo decisionale per ovviare ai problemi sorti come conseguenza delle decisioni precedenti: una specie di retroazione.

 

Tab. 8.2 Processo decisionale nel modello di Democrazia Diretta

 

SOCIETÀ - CITTADINI

ò

1- Fase della determinazione dell'AGENDA POLITICA

(esperti - associazioni e organizzazioni varie - gruppi di semplici cittadini)

ò

2 - Fase di STUDIO SULLE POSSIBILI OPZIONI alle issues emerse

(esperti)

ò

3 - Fase INFORMATIVA

ò

4 - REFERENDUM

(scelta dell'opzione)

ò

5 - DECISIONE

ò

6 - ATTUAZIONE

ò

7 - VERIFICA EFFETTI DELL'ATTUAZIONE

(impatto su società e effetti imprevisti)

 

Analizzeremo una per una le fasi del processo decisionale per capire fino in fondo come funziona il modello di democrazia diretta.

1- Fase della determinazione dell'agenda politica.

E' questa la prima delle fasi del processo decisionale ed è anche una delle più importanti: dalla scelta delle questioni da affrontare, dalle priorità da attribuire, dipende la politica e la vita stessa del paese.

Le questioni da affrontare sono principalmente di due tipi: chi ha il diritto di decidere quali issues entreranno a far parte dell'agenda politica; e come. Alla prima domanda si è costretti, in prima istanza, a rispondere "tutti i cittadini", ma ci si rende subito conto che si tratta di una risposta incompleta, poichè nella realtà, quasi sicuramente, in questa fase avrebbero un ruolo assai importante tutte le associazioni e le organizzazioni che fanno parte della società civile e che sarebbero facilitate nell'imporre all'attenzione dell'opinione pubblica le questioni che più le riguardano da vicino, stimolandone l'interesse. Inoltre le organizzazioni avrebbero l'opportunità di avvalersi di personale esperto e specializzato sulla materia da trattare, in grado cioè di fornire un'informazione più approfondita, sviscerando tutti gli aspetti più rilevanti.

Il ruolo degli esperti e degli intellettuali è fondamentale all'interno di una democrazia diretta, poichè è grazie ad essi che in questa e in altre fasi del processo decisionale si può sperare di riuscire ad eludere il problema della scarsa competenza dei cittadini. Pertanto sarebbe una grave mancanza se un modello di democrazia diretta che si arroga il diritto di definirsi completo non prendesse anche in seria considerazione di offrire a questi membri della società un canale privilegiato per determinare l'agenda politica. La capacità che dovrebbero avere gli intellettuali di visioni ampie e sia sul breve che sul lungo periodo dei problemi che affliggono una società, li rende assai utili per guidare questa verso un futuro migliore. Certamente anche gli esperti e gli intellettuali possono sbagliare le loro analisi, ma in questa fase il loro compito si limita a portare alla luce le questioni da proporre all'attenzione dell'opinione pubblica, al fine di far nascere un dibattito nella società, dar vita a diverse opzioni (fase 2) e poi a tutte le altre fasi del processo decisionale fino all'attuazione e alla verifica dei suoi effetti.

Iniziamo quindi ad affrontare il secondo aspetto che riguarda questa fase del processo decisionale, cioè il come tutti questi membri e settori della società civile possono determinare l'agenda politica.

Per quanto concerne i cittadini, a loro è offerta la possibilità di agire attraverso lo strumento dell'iniziativa popolare, il cui uso è assai facilitato dall'introduzione, prevista da questo modello di democrazia diretta, delle nuove tecnologie di comunicazione interattiva, attraverso le quali ogni cittadino può inserire nella rete comunicativa una o più questioni che ritiene si debbano affrontare con urgenza. La rete comunicativa dovrebbe organizzare al suo interno un apposito spazio in cui raccogliere, e mostrare a chi fosse interessato, tutte le questioni proposte. Le issues che compaiono con una certa frequenza e che raccolgono l'interesse di molti cittadini, passerebbero in un altro spazio in cui assumerebbero la qualifica di vere e proprie iniziative popolari per le quali si raccolgono le "firme" necessarie. In realtà non si tratterebbe di vere e proprie firme, come quelle che vengono raccolte adesso, ma di un codice di riconoscimento che permetterebbe a ogni cittadino di fornire il proprio appoggio a un'iniziativa popolare attraverso il sistema di comunicazione interattiva, standosene comodamente seduto nel salotto di casa. In pratica si tratta di un sistema di voto offerto ai cittadini per consentire loro di decidere quali questioni ritengono debbano essere inserite nell'agenda politica per entrare poi nel meccanismo del ciclo decisionale vero e proprio.

Il sistema di iniziativa popolare così strutturato attraverso lo sfruttamento delle nuove tecnologie di telecomunicazione interattiva sarebbe utilizzato anche dalle varie associazioni e organizzazioni presenti nella società, che ovviamente avrebbero anche a disposizione, proprio grazie alle loro capacità organizzative, altri canali per stimolare l'opinione pubblica ad interessarsi e aderire alle loro iniziative popolari. Se è vero che esse, nella prassi, avrebbero probabilmente maggiori opportunità per determinare il contenuto dell'agenda politica, almeno formalmente godono dello stesso strumento offerto a tutti i cittadini. Rimane comunque aperta la possibilità per qualsiasi gruppo di cittadini di organizzarsi in modo tale da creare delle associazioni e godere così dei vantaggi organizzativi di esse.

Siamo così giunti al momento di dover ragionare su quali canali preferenziali offrire al settore degli esperti e degli intellettuali che compongono la società per determinare l'agenda politica. Le proposte in questo caso sono molteplici e volendo sono tutte attuabili contemporaneamente. Una prima possibilità sarebbe quella di creare una apposita Commissione di esperti dei vari settori della società, selezionati tramite sorteggio da delle liste e sostituiti periodicamente (1 o 2 anni), che studino e analizzino in continuazione la società ed evidenzino i suoi problemi, proponendo le questioni da inserire nell'agenda politica e che poi intraprenderanno il percorso del ciclo decisionale. Una possibilità analoga spetterebbe anche di diritto ai Ministri che compongono il Governo, i quali, in ogni istante, potrebbero inserire nell'agenda politica una nuova questione. Tramite i Ministri, anche la Pubblica Amministrazione sarebbe in grado di porre l'attenzione su una questione particolare; qualora si evidenziasse al suo interno un problema di malfunzionamento o di inefficienza, essa, attraverso i suoi funzionari e i suoi dirigenti informerebbe il ministero competente, sarà poi il Ministro a valutare se tale questione potrà essere risolta come questione di amministrazione ordinaria o se dovrà venire inserita nell'agenda politica.

Utilizzando le possibilità offerte dalle nuove tecnologie, sarebbe anche possibile dotare gli esperti e gli intellettuali di un codice speciale di riconoscimento che consenta loro di inserire automaticamente tra le iniziative popolari una questione proposta da un singolo membro della loro categoria. Qualora, invece, l'issue venisse proposta da gruppi di esperti e intellettuali, allora essa entrerebbe di diritto all'interno dell'agenda politica.

Questi sono solo alcuni esempi di modi per consentire a chi grazie al suo livello intellettivo e di studi merita una considerazione particolare all'interno della democrazia diretta. La decisione finale sulle varie issues proposte rimane comunque sempre nelle mani dei cittadini, o meglio, della maggioranza di essi.

Abbiamo così determinato sia il chi, che il come viene determinata l'agenda politica. Terminata questa prima fase ci ritroviamo quindi con una serie di issues che sono state prescelte come questioni da affrontare, discutere e sottoporre al giudizio degli elettori. La fase che segue è preparatoria al momento cruciale del voto referendario: è la fase di studio sulle possibili opzioni alle issues dell'agenda.

2- Fase di studio sulle possibili opzioni alle issues dell'agenda.

La seconda fase del processo decisionale della democrazia diretta, una volta ultimata l'agenda politica delle issues da sottoporre ai cittadini, concerne lo studio da parte di gruppi di esperti sulle possibili alternative da proporre agli elettori sulle varie questioni. Il discorso in sé appare semplice, ma in realtà non è così: bisogna stabilire, anche in questo caso il chi e il come attuare questi propositi, cercando inoltre di studiare qualche meccanismo che garantisca ai cittadini una scelta non limitata a poche opzioni, ma tra tutte quelle possibili.

A chi spetti il compito di occuparsi di questa fase è presto detto: agli esperti e agli intellettuali di tutti i settori che una determinata issue può coinvolgere. Prima di passare al come, occorre chiarire quale sia il ruolo degli esperti. Essi, grazie alle loro conoscenze nel settore specifico dell'issue di cui si devono occupare, sono in grado (o almeno dovrebbero esserlo) di identificare tutte le opzioni alternative, fornendo anche delle spiegazioni esaurienti sulle conseguenze, positive e negative, che ognuna di esse comporterebbe nei vari ambiti della società, come pure per i singoli individui.

Quasi sicuramente si potrebbe presentare il problema che alcuni degli esperti propendono per alcune soluzioni in modo evidente, e potrebbero cercare di condizionare la scelta dei cittadini evidenziandone i pregi e occultando i difetti. Proprio con lo scopo di evitare un simile inconveniente è importante che ad occuparsi dello studio delle varie opzioni sia un gruppo abbastanza ampio di esperti, sorteggiati all'interno delle liste di quelli del settore che riguarda l'issue in questione. Questo gruppo di esperti costituirebbe una Commissione speciale - il come - che si occuperebbe di una singola issue dell'agenda politica. Si tratta però di una Commissione aperta, nel senso che offrirebbe l'opportunità a qualsiasi esperto o intellettuale esterno ad essa di intervenire per evidenziare qualche aspetto, o qualche opzione che non era stata presa in considerazione. Ovviamente, perchè ciò accada è necessario che i lavori della Commissione siano resi pubblici e facilmente reperibili anche nel corso della fase di studio stessa, il modo più semplice per fare ciò sembra essere quello di immettere le opzioni individuate e le analisi che le riguardano all'interno della rete comunicativa interattiva che raggiunge tutti i cittadini che possono avvalersi dell'appellativo di "esperti o intellettuali".

Ultimati i lavori, individuate tutte le opzioni possibili per l'issue in questione, completate le analisi delle conseguenze che esse si prevede avranno in tutti gli ambiti che compongono la società; allora, e solo allora, si passerà alla fase successiva: quella informativa.

La Commissione di esperti però continuerà ad esistere ed esaurirà il suo compito solo nel momento in cui terminerà la fase informativa, vedremo tra breve il perchè.

3- Fase informativa

La terza tappa del processo decisionale è costituita dalla fase informativa, nella quale le diverse opzioni e le rispettive conseguenze saranno proposte all'attenzione dei cittadini, i quali avranno così la possibilità di valutarle attentamente prima di sceglierne una per ogni referendum presente nell'agenda politica.

Ciò che deve essere valutato attentamente in questa fase è il metodo e i mezzi attraverso i quali fornire ai cittadini le informazioni necessarie, facendo in modo che queste siano il più complete e approfondite possibili, oltre che facilmente reperibili. E' proprio per soddisfare la prima esigenza che si è ritenuto opportuno far precedere la fase informativa da una fase di studio da parte degli esperti dei problemi presenti nell'agenda politica; per ciò che concerne invece la facilità di reperire il materiale informativo, la soluzione è sempre nella diffusione capillare delle tecnologie necessarie per attuare una rete di comunicazione interattiva su tutto il territorio nazionale. In questo modo le informazioni raggiungerebbero tutti i cittadini, i quali non dovrebbero far altro che accendere il terminale presente in casa loro e collegarsi con i siti in cui sono presenti tutte le informazioni sulle varie opzioni, senza dover per forza attendere delle tribune elettorali o dibattiti televisivi come invece acade oggi. In qualsiasi momento della giornata ogni cittadino potrebbe ottenere tutte le informazioni che desidera sul referendum che più lo interessa.

Inoltre, durante il primo periodo della fase informativa sarebbe interessante, oltre che utile, offrire ai cittadini l'opportunità di inoltrare delle osservazioni sulle possibili conseguenze delle varie opzioni, o addirittura di individuare delle ulteriori alternative. Questo perchè è sempre possibile che qualche fattore possa sfuggire anche all'analisi più attenta degli esperti e possa invece venire individuato dal cittadino comune che vive sulla propria pelle tutte le conseguenze delle decisioni prese dalla comunità nel suo insieme. Le varie Commissioni di esperti dovrebbero vagliare il materiale che gli giunge valutandone attentamente la validità del contenuto ed eventualmente integrando il materiale informativo diffuso con le nuove osservazioni o le nuove opzioni proposte. Tutto ciò avverrebbe sempre grazie ai sistemi di telecomunicazione interattiva, in modo tale che le osservazioni dei cittadini raggiungano le Commissioni degli esperti in tempo reale.

E' questa la ragione per cui è sembrato giusto mantenere in vita le Commissioni degli esperti anche dopo la fine della seconda fase del processo decisionale e fino al momento del referendum. Inoltre sarebbe anche possibile chiedere chiarimenti ulteriori sui vari punti esposti.

Terminata la fase informativa si giunge finalmente al momento cruciale per ogni democrazia diretta, quello del voto - nel nostro caso un tele-voto - ai vari referendum presenti nell'agenda politica.

4- Le votazioni: il referendum

Nel quadro del processo decisionale, e quindi del sistema di governo della democrazia diretta, un ruolo cruciale lo svolgono le votazioni. Come è già stato accennato a più riprese il referendum è il perno del modello di democrazia diretta, ma è opportuno chiarire meglio, da un punto di vista formale, come esso è strutturato e come avvengono le votazioni.

Abbiamo già chiarito come tutte le operazioni riguardanti le votazioni e quindi la scelta delle opzioni per le varie issues presenti nell'agenda politica avvengano attraverso l'impiego delle nuove tecnologie della telecomunicazione interattiva, e in particolare dei sistemi di tele-voto, riducendo così i problemi di spostamento e semplificando le operazioni di voto per i singoli cittadini, e facilitando l'organizzazione del momento elettorale da parte dello Stato, con una conseguente riduzione dei costi.

Passiamo quindi a spiegare come dovrebbe essere strutturato il momento delle votazioni referendarie che hanno il compito di rendere esplicita la volontà della maggioranza dei cittadini per quanto concerne le issues presenti nell'agenda politica e le differenti opzioni ad esse collegate.

Il referendum si sviluppa in due turni elettorali. Nel primo turno vengono proposte ai cittadini le varie opzioni studiate in precedenza dalle speciali Commissioni di esperti per le varie issues. Per ogni referendum il cittadino dovrà scegliere una delle opzioni presenti e votarla; potrebbe anche rivelarsi utile l'utilizzo di una votazione a punti, nel senso che ogni cittadino potrebbe dare da 1 a massimo 6 punti all'opzione scelta, per rappresentare il grado di intensità e di convinzione con cui è favorevole a una simile soluzione, ma questa è solo un'idea, una proposta sulla quale riflettere. In ogni caso, sarebbe utile affiancare al referendum una votazione parallela che potremmo definire come "contro-referendum", in cui ogni cittadino vota, se lo ritiene opportuno, - in questo caso senza il sistema di voto a punti - contro l'opzione che riterrebbe inaccettabile. Si cerca in questo modo di tutelare ulteriormente la volontà della maggioranza, impedendo il passaggio al primo turno di una opzione che la maggioranza dei cittadini non accetterebbe, una eventualità che potrebbe verificarsi soprattutto utilizzando nel referendum positivo il sistema a punti teorizzato in precedenza. Si tratta quindi di una contromisura per garantirsi da un possibile inconveniente provocato dal sistema di votazioni a punti, perciò, qualora un simile sistema - che abbiamo detto essere solo una proposta da valutare - non venisse attuato e si procedesse con una normale votazione, probabilmente il contro-referendum sarebbe effettivamente inutile. Continuiamo la nostra spiegazione tenendo in vita tutte le possibili combinazioni delle ipotesi fino ad ora formulate e analizzando come si sviluppa il secondo turno per i vari casi:

a- Referendum con sistema a punti e contro-referendum:

E' questo il caso in cui, come spiegavamo in precedenza, il contro-referendum sembra essere più utile.

Accedono al secondo turno, da tenersi al massimo una settimana dopo il primo turno, le due opzioni che hanno avuto il maggior numero di punti. Se però la prima ha totalizzato un numero di punti che equivale al 50% più un voto a punteggio pieno, allora non è necessario il secondo turno di ballottaggio e il referendum si ritiene concluso al primo turno, a meno che quella opzione non sia la stessa che ha ottenuto la maggioranza relativa nel contro-referendum, poichè in questo caso si ricorre al secondo turno per decidere quale delle due opzioni con maggiore punteggio debba essere approvata. La giustificazione di ciò risiede nell'intento di volere la piena certezza che non vi sia una maggioranza rilevante, anche se solo relativa, che potrebbe ritenersi battuta "ingiustamente"; il ballottaggio fornirebbe una ulteriore e ancora più forte legittimazione all'opzione vincente. Se da un lato tutto ciò può sembrare un passaggio inutile, è però opportuno tenere in considerazione le possibili tensioni sociali che a volte alcune questioni possono sviluppare, e valutare attentamente l'effetto legittimante che fornirebbe in questo caso il secondo turno, riducendo così le probabilità che il dibattito sfoci in manifestazioni di intolleranza e di violenza per le scelte avverse alla propria.

La proposta che vince al secondo turno passa alle fasi successive del processo decisionale, divenendo decisione della maggioranza, giungendo quindi alla fase dell'attuazione e poi a quella della verifica degli effetti.

b- Referendum con votazione normale e contro-referendum:

In questo caso entrambe le votazioni - il referendum e il contro-referendum - avvengono col sistema tradizionale, "una testa, un voto".

Se nessuna delle opzioni ottiene il 50% più un voto, allora si passa al secondo turno a cui accedono le due opzioni che hanno ottenuto le percentuali più alte al primo turno. Si ricorre ugualmente al ballottaggio tra le due opzioni anche nel caso in cui una di esse abbia ottenuto il 50% più un voto nel referendum, e sia però contemporaneamente risultata la vincitrice, pure se solo con maggioranza relativa, nel contro-referendum. Le giustificazioni sono le stesse del punto precedente (a).

L'opzione che ottiene la maggioranza assoluta al secondo turno rappresenta la scelta dei cittadini e quindi deve venire attuata.

c- Referendum con sistema a punti e nessun contro-referendum:

La situazione è più semplice delle precedenti, poichè in questo caso abbiamo solo la presenza del referendum e non quella del contro-referendum; si adotta però il sistema di votazioni a punti che consente ai cittadini di chiarire il loro livello di convinzione per l'opzione scelta.

In questo caso si va al secondo turno di ballottaggio tra le due proposte che hanno ottenuto i punteggi più alti al primo turno, solo se nessuna delle opzioni presenti al primo turno ha totalizzato un punteggio equivalente al 50% più un voto, tutti espressi col massimo dei punti (6). Vince il secondo turno l'opzione che ottiene il punteggio più alto, divenendo decisione del popolo e dovendo venire attuata.

d- Referendum con votazione normale e nessun contro-referendum:

E' sicuramente il caso più semplice tra quelli ipotizzati, poichè fa riferimento al sistema di voto tradizionale a cui siamo più abituati.

In questo caso, se una proposta ottiene il 50% più un voto al primo turno diviene automaticamente decisione e passa alla fase successiva del processo decisionale: l'applicazione. Se, invece, nessuna opzione ottiene la maggioranza assoluta, si passa al secondo turno di ballottaggio tra le due con le percentuali più alte. Vince il secondo turno la proposta ottiene la maggioranza assoluta tra i votanti.

Concludiamo il nostro discorso sui referendum chiarendo che tutte e quattro le alternative sono attuabili, si potrebbe quindi lasciare la scelta agli stessi cittadini tramite referendum. Forse sarebbe meglio che venisse applicato il sistema più semplice (d), poichè risulterebbe essere anche il più chiaro; ma anche la soluzione "c" appare assai interessante, poichè unisce alla semplicità anche la possibilità di esprimere finalmente un'intensità alle scelte che uno compie; i due casi che prevedono la presenza del contro-referendum sembrano invece essere eccessivamente laboriosi, col rischio di creare confusione nei cittadini-elettori, perciò, benché l'idea di un contro-referendum abbia le sue giustificazioni, è forse meglio evitarne l'applicazione.

Una ulteriore precisazione è necessaria per il referendum costituzionale, cioè quello attraverso il quale vengono stabilite nuove leggi costituzionali o vengono modificate quelle già esistenti. Anche per questo tipo di referendum può essere adottata una delle quattro soluzioni proposte, e il procedimento sarà identico a quello del normale referendum legislativo fino al momento della scelta di un testo legislativo, sia che ciò avvenga subito al primo turno, o che invece richieda il secondo turno di ballottaggio. Una volta scelto il testo costituzionale sarà necessario un ulteriore referendum, da tenersi dopo due mesi, nel quale i cittadini dovranno confermare l'assenso al testo prescelto con una maggioranza rinforzata (il 60 o il 65% dei votanti) e alla condizione che abbiano votato almeno il 75% degli aventi diritto, altrimenti il referendum costituzionale non deve essere ritenuto valido. Se una di queste due condizioni non venisse soddisfatta, si potrà ripetere ancora una volta, dopo altri due mesi, il referendum di conferma. Questa volta sarà sufficiente una maggioranza del 50% più un voto (riferendola però agli aventi diritto e non ai votanti) perchè la legge costituzionale acquisti valore ed efficacia; nel caso ciò non si verifichi sarà necessario ricominciare dall'inizio tutto il processo legislativo (vedi Tab. 8.3).

Il referendum si dimostra, in ogni caso, il cuore del processo decisionale, ed è grazie ad esso che i cittadini hanno l'opportunità di chiarire quali sono le loro preferenze e di determinare in questo modo la politica del paese.

 

Tab. 8.3 I referendum nel modello di democrazia diretta.

 

I Referendum Ordinari (Legislativi e Politici)

scopo:

A - Referendum Legislativi: per formare nuove leggi ordinarie o modificare quelle esistenti

B - Rreferendum Politici: per attuare nuove politiche (economiche, sociali, ecc.)

durata:

Tre giorni (dalle 7.00 del venerdì alle 24.00 della domenica)

modalità elettorali:

A - doppio turno:

1- primo turno: tra tutte le opzioni

2- secondo turno: se nessuna opzione ottiene il 50% + un voto al primo turno; ballottaggio tra le due proposte più votate.

B - diverse combinazioni con il sistema di voto a punti e il contro-referendum:

a - referendum con sistema a punti e contro-referendum

b - referendum con votazione normale e contro-referendum

c - referendum con sistema a punti e nessun contro-referendum

d - referendum con votazione normale e nessun contro-referendum

 

I Referendum Costituzionali

scopo:

Per formare nuove Leggi Costituzionali o modificare quelle esistenti

durata:

Tre giorni (dalle 7.00 del venerdì alle 24.00 della domenica)

modalità elettorali:

A - due turni per decidere quale testo selezionare:

1- primo turno: tra tutte le proposte di testi di legge costituzionale

2- secondo turno: se nessuna proposta ottiene il 50% + un voto al primo turno; ballottaggio tra le due proposte più votate.

B - più un Referendum Confermativo per dare efficacia alla legge:

a- da tenersi dopo due mesi

b- necessario che voti almeno il 75% del corpo elettorale e che la proposta ottenga il 60% degli assensi

C - secondo tentativo di Referendum Confermativo:

a- se una delle due condizioni non è stata soddisfatta

b- dopo due mesi dal primo referendum confermativo

c- ora è sufficiente ottenere il 50% più un voto (degli aventi diritto)

 

5- Decisioni: i risultati dei referendum.

La quinta fase del processo decisionale è strettamente legata alla fase referendaria che la precede, tanto da esserne praticamente parte integrante; la distinzione, in effetti, è prevalentemente accademica, ma ugualmente utile, almeno a livello teorico. Al termine della fase delle votazioni referendarie emergono i risultati che rappresentano la volontà della maggioranza dei cittadini, e in quanto tale sono legittimate ad assumere la caratteristica di decisioni vere e proprie. Pertanto, terminati i referendum siamo giunti ad avere un programma politico ben preciso in cui è già deciso tutto ciò che è necessario fare.

Bisogna comunque tenere in considerazione che i referendum possono assumere due scopi differenti: in un primo caso col referendum si offre ai cittadini l'opportunità di legiferare, consentendo loro di scegliere, se non proprio tra testi legislativi differenti, almeno tra linee politiche che ne precisino gli scopi e le caratteristiche principali; in un secondo caso, attraverso i referendum i cittadini possono scegliere delle politiche economiche, sociali o altre ancora da attuare. Benché operativamente i due referendum siano identici, potremmo distinguerli assegnando loro due diverse definizioni a seconda dello scopo per cui sono attuati, etichettando il primo come "referendum legislativo" e il secondo come "referendum politico".

All'interno della prima categoria rientra anche il referendum costituzionale, in questo caso è assolutamente obbligatorio che siano i cittadini stessi, attraverso il referendum, a stabilire il testo legislativo, perciò quando saranno noti i risultati delle votazioni, non rimarrà altro da fare che la promulgazione e la pubblicazione della legge, oltre naturalmente alla eventuale predisposizione delle strutture necessarie alla sua applicazione.

Con i risultati dei referendum le decisioni sono state prese, e attendono solo di venire attuate.

6- Attuazione delle decisioni.

E' quella dell'attuazione un'altra delle fasi della massima rilevanza del ciclo decisionale. Un simile compito non riguarda più direttamente i cittadini, ma il Governo e la Pubblica Amministrazione. Possiamo quindi notare come nel modello di democrazia diretta vi sia una suddivisione dei poteri dello Stato, in cui il potere legislativo è affidato direttamente ai cittadini, mentre quello esecutivo spetta al Governo e alla Pubblica Amministrazione. E' bene sottolineare però che si tratta di un potere esecutivo puro e semplice, meramente applicativo della volontà espressa direttamente dai cittadini tramite i referendum.

In questo ambito torna utile la distinzione operata in precedenza tra referendum politico e referendum legislativo. Nel primo caso, infatti, il Governo in generale, e i suoi ministeri in particolare, dovranno organizzare le cose in modo tale che la Pubblica Amministrazione possa portare a piena attuazione la volontà politica espressa dai cittadini. I Ministri e i loro staff si occuperanno di studiare nel dettaglio tutti i particolari delle operazioni, stabilendo i tempi entro cui portare a termine il tutto. Spetta a loro il compito di risolvere tutti i problemi di tipo organizzativo che si possono presentare nel corso dell'attuazione delle varie decisioni, purché questi problemi non comportino delle scelte di tipo politico che esulino da quelle prese in precedenza dai cittadini col referendum, nel qual caso i Ministri in questione avranno il dovere di indire un ulteriore referendum, incaricando una nuova Commissione di esperti di occuparsi dello studio delle possibili opzioni (fase 2), dando così origine a un nuovo ciclo decisionale.

Nel caso invece si trattasse di un referendum legislativo, cioè inerente alla formazione di una legge ordinaria, il Governo avrà il dovere di scrivere il testo preciso di tale legge, avendo la facoltà di delegare tale compito a delle Commissioni di esperti del settore; questo, ovviamente, se il referendum non comportava già la scelta tra diversi testi legislativi, - come per i referendum costituzionali - ma si limitava a proporre le linee giuda per la legislazione. Se il testo legislativo è stabilito direttamente dal referendum, allora il Governo si dovrà occupare unicamente di predisporre tutte le strutture e le misure organizzative eventualmente necessarie per l'applicazione del testo legislativo. Se invece è necessario l'intervento della Commissione di esperti per redarre il testo preciso della legge, questo dovrà in seguito avere il nulla osta del Governo e quello di una "Corte di Corrispondenza" che verificherà che quel testo corrisponda in tutto e per tutto alle esigenze espresse dai cittadini attraverso il referendum.

7- Verifica degli effetti dell'attuazione.

L'ultima fase del processo decisionale concerne la verifica degli effetti dell'attuazione. Questo compito è affidato a speciali Commissioni di esperti che terranno sotto costante osservazione tutte le conseguenze che avranno le decisioni prese dai cittadini e attuate dall'esecutivo. Analizzeranno in modo attento e preciso che gli esiti che ci si attendeva dalle decisione prese si siano verificati e, allo stesso tempo, prenderanno nota di tutti gli effetti imprevisti ed eventualmente indesiderati che si sono manifestati durante l'implementazione. Periodicamente riferiranno al Governo gli esiti delle loro analisi tramite una relazione, - scritta o anche solamente verbale - avendo però la facoltà di informare immediatamente il ministero interessato nel caso che a loro giudizio vi sia un effetto imprevisto e indesiderato della massima gravità e che richiede un intervento urgente. In questo caso il Ministro si consulterà col resto dei membri del Governo e decideranno se è il caso di indire un ulteriore referendum, iniziando un nuovo ciclo decisionale, per cercare di risolvere il problema.

Il processo decisionale è stato così portato a termine e da quanto appena detto si comprende anche perchè molti studiosi preferiscano chiamarlo "ciclo decisionale", poichè si tratta di un processo che quando sembra arrivato al termine provoca l'inizio di altri cicli che da esso traggono l'origine. Gli effetti di un processo decisionale sono

anche la causa di molti altri processi decisionali successivi in un ciclo che continua a riprodursi in continuazione.

 

8.3 - Governo e Pubblica Amministrazione

Come avviene la composizione del Governo? Qual'è la sua struttura? Quali i suoi compiti? Che rapporti intercorrono tra il Governo e la Pubblica Amministrazione? Quali sono gli scopi e i compiti che quest'ultima deve assolvere? A queste e ad altre domande simili ci proponiamo di dare risposta.

Il Governo e la P.A. sono essenziali per l'esistenza della democrazia diretta, così come lo sono stati fino ad oggi per le democrazie rappresentative; all'interno però del modello di democrazia diretta queste istituzioni assumono ruoli e funzioni in alcuni casi differenti da quelle che hanno avuto finora, è quindi indispensabile spiegare quale sarà la composizione, la struttura e le funzioni che esse dovranno svolgere in questa diversa forma di democrazia.

8.3.1 - Composizione, struttura e compiti del Governo

Il Governo all'interno del modello di democrazia diretta, come abbiamo già accennato, ha un ruolo di esecutore fedele della volontà espressa dai cittadini attraverso i referendum.

- Composizione e formazione:

Come quello attuale, è composto da un Capo del Governo (o Presidente del Consiglio) e dai Ministri che svolgono le attività inerenti i ministeri loro affidati. Il numero dei ministeri, e quindi dei Ministri, può variare a seconda delle esigenze del paese e del momento storico-sociale.

Per ciò che concerne la scelta del Capo del Governo e dei Ministri riteniamo possibili diverse alternative:

a- elezione diretta del Capo del Governo e dei singoli Ministri:

Si tratta dell'elezione diretta da parte dei cittadini sia del Capo del Governo che dei singoli Ministri, da attuarsi con una votazione strutturata su due turni, il secondo dei quali di ballottaggio tra i due candidati che hanno ricevuto il maggior numero di preferenze; è chiaro che questo metodo si adatta perfettamente allo spirito della democrazia diretta, ma poichè il Governo, all'interno di questo tipo di democrazia, ha il compito di semplice esecutore della volontà dei cittadini, e quindi dovrebbe essere preferibilmente composto da tecnici; risulterebbe assai arduo ai cittadini compiere una scelta accurata sotto questo profilo, mancando loro un metro valutativo idoneo per scegliere effettivamente la persona migliore per un dato ministero. Allora è forse preferibile rivolgere la nostra attenzione verso altre soluzioni.

b- elezione diretta di una squadra di Governo:

In questo caso l'elezione diretta riguarderebbe una intera squadra di Governo col suo Capo del Governo, composta prima delle elezioni. Il metodo per eleggerla sarebbe sempre quello del doppio turno, in cui al secondo turno di ballottaggio accedono le due squadre di governo che hanno ottenuto il maggior numero di preferenze, a meno che una di esse non abbia già totalizzato al primo turno il 50% più un voto, nel qual caso questa sarebbe la squadra di governo designata per l'incarico. Tuttavia anche questo metodo evidenzia i medesimi problemi del precedente: per valutare la qualità di una squadra di governo composta di tecnici bisognerebbe essere degli esperti, ma siccome così non è, conviene rivolgersi ad un'altra soluzione ancora.

c- elezione diretta del Capo del Governo che sceglie poi i Ministri:

In questo caso è solo il Capo del Governo a venire eletto direttamente dal popolo, - col solito metodo in due turni - in seguito sarà egli ad assegnare i ministeri ad alcune persone che godono della sua fiducia. Il Capo del Governo, prima di venire eletto, deve presentare la lista dei ministeri che vuole utilizzare nel suo Governo, in questo modo i cittadini, oltre a scegliere la persona a cui affidare il Governo, votano per un determinato tipo di struttura, lasciando al Capo del Governo l'incombenza di decidere, grazie alla sua capacità di giudizio e alle sue opportunità di conoscenza diretta, chi sono le persone più adatte per gestire i vari ministeri. Sembra comunque opportuno porre la condizione che sia necessario essere in possesso di una laurea inerente all'incarico ministeriale che si va a ricoprire, o che si faccia parte delle liste di esperti e intellettuali di quel settore. L'unica eccezione può venire concessa per chi debba ricoprire la carica di Capo del Governo, poichè più di carattere simbolico e con compiti di coordinamento dei lavori ministeriali.

Abbiamo quindi scelto un metodo di elezione (c) che è allo stesso tempo diretto e indiretto, poichè legittima direttamente il Capo del Governo e una determinata combinazione di ministeri, mentre delega ad esso la mansione di eleggere in seguito i singoli Ministri.

Rimane comunque ai cittadini la possibilità di esercitare il diritto di revoca nei confronti dei singoli Ministri, sia per motivi di inefficienza che per motivi di condotta politica; tale prerogativa sarebbe però esclusa per le attività governative inerenti la conversione in testo legislativo delle scelte operate dai cittadini tramite referendum legislativo, per le quali ricordiamo, è previsto un continuo controllo da parte della Corte di Corrispondenza. I cittadini conservano, inoltre, l'opportunità di privare il Governo - considerato nel suo insieme - della loro fiducia, poichè essi sono tenuti a confermargliela, passati i primi due anni, con scadenza annuale attraverso un referendum di fiducia, e, in seguito, alla fine della legislatura, qualora il capo del Governo si ricandidi alla stessa carica, presumibilmente con una squadra di governo simile.

Non bisogna inoltre dimenticare che i cittadini possono in qualsiasi momento utilizzare lo strumento dell'iniziativa popolare, attraverso il quale è loro consentito anche opporsi a qualsiasi decisione amministrativa presa sia dal Governo (o dai suoi Ministri) che dalla Pubblica Amministrazione.

 

- Struttura:

La struttura del Governo è costituita da elementi che variano sia nel numero che nel genere, e ciò vale sia per i ministeri che per le varie Commissioni. I ministeri che lo compongono - lo abbiamo già detto - possono mutare a seconda delle esigenze del momento storico; a decidere la creazione di un nuovo ministero o l'eliminazione di uno ormai inutile è il Capo del Governo, ma sempre seguendo la volontà dei cittadini. Infatti una simile operazione può avvenire in due situazioni differenti: la prima, nel momento precedente l'elezione dell'esecutivo, quando i diversi candidati a Capo del Governo propongono la loro struttura di base, elencando i ministeri che faranno parte del loro Governo se eletti, in questo frangente la volontà dei cittadini viene espressa nel momento stesso in cui scelgono un candidato e la struttura da lui proposta; oppure, la seconda situazione, durante la vita del Governo, qualora un Ministro o lo stesso Capo del Governo ne constatino l'utilità. In questo caso sarà necessario chiedere ai cittadini, tramite referendum, il consenso per la creazione del nuovo ministero o per l'abolizione di uno esistente.

In senso lato, fanno parte della struttura del Governo anche una serie di Commissioni da esso create per occuparsi di diverse questioni specifiche. Le Commissioni di origine governativa - cioè create per volontà del Governo - saranno sempre composte da personale che appartiene alle liste degli esperti e degli intellettuali di quel determinato settore o materia in esame; la designazione avverrà per sorteggio da tali liste, ed eventualmente in alcuni casi per designazione governativa di una parte dei suoi membri. Ricordiamo le già citate Commissioni per redarre i testi legislativi e quelle per osservare e analizzare gli effetti dell'implementazione. La loro creazione è legata a lavori, o al sorgere di problemi la cui soluzione necessita di una analisi approfondita condotta da esperti.

Nella struttura del Governo, e quindi dell'esecutivo, possiamo anche ricomprendere la Pubblica Amministrazione, che rappresenta il braccio operativo di questo (vedi 8.3.2).

La flessibilità e la dinamicità della struttura del Governo è dovuta al ruolo e alle funzioni che esso deve svolgere all'interno del modello di democrazia diretta.

- Compiti e funzioni:

I compiti del Governo sono essenzialmente di due tipi: di mero esecutore della volontà espressa dai cittadini attraverso il referendum; e di amministratore delle attività dello Stato.

All'interno del primo tipo possiamo ricomprendere tutte le decisioni di carattere amministrativo che richiedono l'opinione dei cittadini (amministrazione straordinaria), le scelte politiche, economiche, sociali e di creazione legislativa ordinaria.

Nel secondo tipo, invece, rientrano tutte le decisioni amministrative ordinarie che il Governo è autorizzato a prendere autonomamente dalla volontà dei cittadini, seguendo tuttavia l'indirizzo politico che essi hanno inteso dare scegliendo quel determinato Governo. Solo le decisioni amministrative ordinarie di maggiore importanza giungono però fino ai ministeri e al Governo; la maggior parte di queste decisioni vengono prese direttamente all'interno delle strutture della Pubblica Amministrazione.

In pratica al Governo, attraverso l'azione dei suoi Ministri, sono affidate una serie di funzioni. Quella che abbiamo appena descritta potrebbe essere definita come la funzione amministrativa, che si concretizza attraverso le operazioni di coordinamento e direzione delle attività della Pubblica Amministrazione e dello Stato; inoltre il Governo ha la facoltà di stabilire i regolamenti che la Pubblica Amministrazione dovrà seguire, o comunque di confermare la validità di quelli che la P.A. ha stabilito al suo interno.

Il Governo ha anche la facoltà di proporre disegni di legge, autonomamente o attraverso apposite Commissioni di esperti, che verranno in seguito sottoposti a referendum confermativo; oppure di proporre semplicemente nuove issues da inserire nell'agenda politica, dando così inizio al normale ciclo decisionale.

Tra le funzioni del Governo vi sono anche quelle "tradizionali", cioè il mantenimento dell'ordine pubblico all'interno dello Stato attraverso i corpi di polizia, e della gestione dell'ordine esterno, sia tramite la gestione dei rapporti diplomatici e commerciali con gli altri paesi, che attraverso il controllo, la direzione e lo sviluppo delle forze armate. A questo proposito sarebbe utile l'esistenza di una norma costituzionale - già presente in alcune Costituzioni oggi esistenti nelle democrazie rappresentative - che preveda l'attribuzione dei pieni poteri al Governo in caso di guerra.

Una ulteriore importante funzione che spetta al Governo è quella del reperimento delle risorse economiche necessarie alla vita dello Stato attraverso la gestione del sistema fiscale. Ovviamente il tipo di sistema fiscale da adottare verrà deciso dai cittadini attraverso lo strumento del referendum; al Governo spetterà semplicemente la supervisione del suo buon funzionamento attraverso i ministeri a cui compete un simile compito. Il Governo coordinerà anche, ai massimi livelli dirigenziali, il lavoro che dovrà compiere un corpo speciale addetto al controllo e all'eliminazione dell'evasione fiscale.

Queste, per linee generali, le principali funzioni che il Governo dovrà svolgere nel momento in cui venisse ritenuto opportuno realizzare il modello di democrazia diretta qui proposto. La tabella 8.4 riassume schematicamente quanto detto fino ad ora sul Governo nel modello di democrazia diretta: composizione, formazione, forme di controllo dell'azione del Governo, struttura, compiti e funzioni.

 

Tab. 8.4 Il Governo nel modello di democrazia diretta.

- composizione:

Capo del Governo e Ministri

- formazione:

Elezione diretta del Capo del Governo che sceglie poi i Ministri, avendo però già stabilito la struttura del Governo (i ministeri presenti)

Il Governo dura in carica 4 anni

- forme di controllo dell'azione del Governo:

A- La Corte di Corrispondenza verifica la corretta conversione in testo legislativo della volontà espressa dai cittadini tramite il referendum legislativo ordinario

B- Possibilità per il corpo elettorale di togliere la fiducia al Governo attraverso il referendum di fiducia da tenersi dopo due anni dall'insediamento e con scadenza annuale (quindi 2 per ogni Governo)

C- Possibilità di revoca dell'incarico ai Ministri da parte dei cittadini (dopo 6 mesi dall'incarico)

D- Possibilità di iniziative popolari per opporsi a decisioni amministrative ordinarie prese dal Governo o dalla P.A.

- struttura:

A- composto di diversi ministeri: il CdG stabilisce la creazione o abolizione di nuovi ministeri: prima delle elezioni; oppure se lo fa nel corso della sua carica deve chiedere il consenso dei cittadini tramite referendum confermativo

B- crea varie Commissioni per svolgere alcuni lavori specifici

C- si affida alla P.A. per l'attuazione

- compiti:

1- Amministrazione Ordinaria: per lo più delegata alla P.A. e in parte decisa dai ministeri

2- Amministrazione Straordinaria: esecuzione della volontà dei cittadini espressa tramite referendum

- funzioni:

1- funzione amministrativa: coordinamento e direzione delle attività della P.A. e dello Stato

2- formazione di regolamenti per la P.A.

3- possibilità di proporre disegni di legge, autonomamente o tramite apposite Commissioni, da sottoporre a referendum confermativo; oppure possibilità di inserire nuove issues nell'agenda politica per fagli compiere il normale ciclo decisionale;

4- il mantenimento dell'ordine

5- controllo e direzione delle forze armate

6- gestione dei rapporti con l'estero (diplomatici e commerciali)

7- in caso di guerra al Governo i pieni poteri

8- reperimento delle risorse economiche necessarie alla vita dello Stato attraverso la gestione del sistema fiscale e il coordinamento-direzione delle attività della Guardia di Finanza al fine di eliminare l'evasione fiscale.

 

8.3.2 - Finalità, composizione, struttura e compiti della P.A.

Credo che a nessuno venga in mente di eliminare una organizzazione così essenziale per la vita di ogni Stato come è la Pubblica Amministrazione. Al limite si può discutere sulle finalità che essa deve perseguire, sui mezzi che deve usare, sulla struttura che deve assumere. In molti casi la discussione si è accentrata sulla necessità di ridurre la forte burocratizzazione che si è sviluppata al suo interno, ma a questo riguardo è necessario chiarire alcuni punti.

Fu Weber uno dei primi e più noti sostenitori dei sistemi burocratici moderni, ritenendo che questo fosse un modo molto efficace, se non addirittura il più efficace, per organizzare i grandi numeri di individui. Il tipo ideale di burocrazia ideato da Weber comprende alcune caratteristiche fondamentali che possiamo individuare ancora oggi all'interno di molte amministrazioni, sia pubbliche che private: un sistema di autorità gestito attraverso una struttura gerarchica e piramidale, nella quale i compiti sono distribuiti come doveri di ufficio; regole scritte che impongono una condotta uniforme, e quindi imparziale, a tutti i funzionari dell'amministrazione; funzionari a tempo pieno e stipendiati, la cui carriera si sviluppa all'interno dell'organizzazione; la separazione della vita privata del funzionario da quella professionale; nessun membro dell'organizzazione possiede le risorse materiali con le quali opera.

Tutto questo sistema di cose - sempre secondo Weber - consente una gestione efficiente dell'organizzazione burocratica, sia grazie alla specializzazione funzionale che si sviluppa al suo interno e che assicura un buon livello di competenza media; sia grazie al fatto che le procedure pubbliche di assunzione, unite alla retribuzione dei funzionari, dovrebbero garantire una riduzione delle possibilità di corruzione. Weber, inoltre, esalta il ruolo delle relazioni formali che caratterizzano le burocrazie e che permettono di fissare con precisione i compiti di ogni funzionario. Non tutti gli studiosi concordano con l'opinione espressa a questo proposito da Weber; Blau, ad esempio, evidenzia come nella realtà spesso siano le relazioni informali che si sviluppano all'interno dei suoi uffici a rendere nel complesso più efficiente l'organizzazione.

Al di là delle differenti opinioni nei riguardi delle relazioni più o meno informali, la maggior parte degli studiosi ritiene che un certo grado di burocratizzazione sia necessaria al fine di rendere efficiente un'organizzazione di vaste dimensioni come la Pubblica Amministrazione. Certo non bisogna eccedere, poichè è stato dimostrato in più di una occasione come un sovraccarico di formalità e di rigide procedure burocratiche possa rallentare, invece che rendere più efficienti le operazioni svolte da un'organizzazione. Occorre trovare il giusto equilibrio tra i due estremi che consenta di garantire allo stesso tempo una velocità di azione e l'imparzialità-uniformità della stessa. Eliminare totalmente la burocrazia da un'organizzazione di ampie dimensioni come la Pubblica Amministrazione è molto rischioso, se non addirittura impossibile; ma questo non vuol dire che non si possa modificare e migliorare tutto ciò che fino ad oggi ha frenato la sua azione e ha creato delle inefficienze, come l'elenco operato da Freddi ci mostra:

"Ritardi, scarsa abilità di adattarsi, incapacità di spendere le somme stanziate prima delle scadenze previste, ritualismo, scaricamento delle responsabilità e spostamento di fini sono alcuni dei risultati. Paradossalmente questi risultati hanno dato inizio ad un circolo vizioso, poiché la risposta automatica a queste deplorabili circostanze spesso assume la forma di controlli sempre più stringenti."

Questo discorso è valido sia per le democrazie rappresentative che per quelle dirette, poiché una Pubblica Amministrazione che funziona bene e in modo efficiente migliora la qualità della vita in qualsiasi tipo di Stato.

In questa sede, però, ci occuperemo di quello che è (o dovrebbe essere) la concezione della Pubblica Amministrazione all'interno del modello di democrazia diretta qui proposto. Come può trasparire dai discorsi condotti fino a questo momento, quello che ci preme nei riguardi della Pubblica Amministrazione non è certamente un suo sconvolgimento totale rispetto a quella che è la sua concezione e i sui fini attuali, così come, ad esempio, sono espressi negli articoli della Costituzione italiana; piuttosto una sua razionalizzazione nella ricerca della massima efficienza da sempre auspicata, e quindi nella piena realizzazione dei risultati che da tempo si è cercato di ottenere.

Prima di tutto occorre ribadire che i fini che si intendono perseguire non differiscono da quelli attuali, cioè "il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione", come dice la nostra Costituzione; il problema casomai è sul metodo e sui mezzi da utilizzare per giungere alla piena realizzazione di questi fini. Occorre comunque specificare che per "buon andamento" si intende il raggiungimento di un livello di efficienza abbastanza alto, risultato non impossibile attraverso la razionalizzazione delle strutture interne, l'eliminazione del personale in eccedenza, l'innalzamento del livello di professionalità e di competenza dei funzionari, la semplificazione di molte procedure, e l'informatizzazione della Pubblica Amministrazione.

Come abbiamo già spiegato in precedenza, i compiti che la Pubblica Amministrazione deve svolgere sono, a grandi linee, di due tipi: la cosiddetta amministrazione ordinaria, cioè la gestione normale delle strutture pubbliche; e l'amministrazione strarordinaria, che nel modello di democrazia diretta viene stabilita direttamente dalla volontà della maggioranza dei cittadini espressa attraverso lo strumento del referendum, e gestita, organizzata e diretta nella fase dell'attuazione dal Governo e dai Ministri.

L'importanza di una struttura ben organizzata, senza sovrapposizioni di ruoli e senza istituzioni inutili è un primo passo nella direzione dell'efficienza. La struttura amministrativa generale potrebbe venire schematicamente suddivisa in quattro livelli: al primo, ci sono i cittadini, i quali decidono attraverso il referendum, in cosa debba consistere l'azione della P.A., quali siano le politiche che deve attuare; al secondo livello abbiamo il Governo e i ministeri che dirigono i lavori e assegnano gli incarichi da eseguire alle diverse amministrazioni e ai loro massimi dirigenti; al terzo livello troviamo gli enti pubblici istituzionali, cioè quelli che vedono la loro posizione e la loro esistenza stabilizzata da tempo e con un ruolo all'interno dello Stato che spesso appare indispensabile; al quarto livello, invece, poniamo gli enti pubblici speciali (le task force) e alcune istituzioni di controllo. Ad ogni parte dell'amministrazione deve venire affidato un ruolo e dei compiti ben precisi, in modo tale che sia possibile una chiara attribuzione di responsabilità per i vari incarichi da portare a termine. L'attribuzione di chiare responsabilità non deve però riguardare solo le varie parti che compongono la struttura generale della P.A, ma gli stessi funzionari che ve ne fanno parte, dai massimi dirigenti ai funzionari pubblici semplici. Perchè ciò si verifichi è opportuno, anche in questo caso, porre una certa attenzione alla struttura interna dell'amministrazione, in cui al livello più alto porremo i Ministri; seguiti dal loro staff ministeriali e dalle varie Commissioni speciali di esperti che ritengono di dover utilizzare; a un livello immediatamente inferiore troviamo i dirigenti delle P.A., con il compito di organizzare, all'interno della parte di struttura amministrativa che gestiscono, la suddivisione dei lavori; la gerarchia piramidale prosegue verso il basso fino ai funzionari capi di settore, ai quali spetta il compito di organizzare ai livelli più bassi il lavoro; infine abbiamo i funzionari pubblici semplici.

Questo tipo di organizzazione gerarchica e piramidale dovrebbe consentire, se attuata nella realtà, la massima efficienza della Pubblica Amministrazione, almeno da un punto di vista strutturale; rimane comunque da affrontare la questione della preparazione e della competenza necessaria perchè il funzionario possa svolgere i compiti a lui affidati in modo efficiente, rapido e imparziale. A questo scopo occorre chiarire i metodi di selezione dei funzionari pubblici, come gestire la loro formazione professionale, e come verificarne, anche in seguito all'assunzione, il loro livello di competenza.

Il metodo di selezione del personale avviene attraverso concorsi pubblici ai quali possono accedere coloro che sono in possesso dei requisiti formali necessari, cioè il metodo attualmente in uso; infatti, nonostante i numerosi inconvenienti che esso ha dimostrato avere, rimane ancora quello in grado di garantire, con le opportune correzioni, il grado maggiore d'imparzialità. Per gli incarichi dirigenziali, specialmente quelli di più alto livello, sono invece gli stessi Ministri ad assegnarli a persone altamente qualificate e che godono della loro fiducia. I dirigenti scelti dai Ministri devono far parte delle liste degli esperti o degli intellettuali del settore di cui si dovranno occupare, altrimenti sarà una Commissione speciale di esperti a valutare la loro idoneità e competenza.

La selezione è però solo la prima fase attraverso la quale dotare di un personale competente la Pubblica Amministrazione, è anche necessario che una volta assunti essi frequentino dei corsi di formazione specifica per l'incarico che dovranno svolgere e, periodicamente, siano tenuti a frequentare dei corsi di aggiornamento. Ogni cinque anni, inoltre, saranno tenuti a sostenere degli esami di idoneità e competenza, chi non li superasse potrà venire licenziato o degradato a un livello inferiore, a seconda dell'efficienza dimostrata negli anni in cui ha svolto il suo lavoro. Si creerà in questo modo un continuo ricambio del personale, mantenendo a livelli alti sia la sua competenza, sia la sua efficienza sul posto di lavoro.

Anche la retribuzione e la carriera hanno un ruolo importante nello stimolare una maggiore efficienza sul posto di lavoro e nello stimolare il lavoratore, di qualsiasi livello, a mantenere alto il suo livello di competenza aggiornandosi. I criteri in base ai quali stabilire il livello della retribuzione non devono semplicemente basarsi sulla qualificazione del lavoratore, ma devono anche tener conto della qualità e della quantità del lavoro da lui svolto. Le promozioni devono, dal canto loro, venire concesse non per anzianità di servizio, ma per motivi di merito.

Dove non arriveranno gli stimoli a una maggiore efficienza lavorativa forniti dai criteri di retribuzione e di promozione, giungeranno i controlli e le relative sanzioni. Speciali corpi di controllo verificheranno che i funzionari pubblici non scendano in maniera costante al di sotto di alcuni livelli qualitativi nelle loro prestazioni; simili valutazioni verranno fatte anche tenendo in considerazione il giudizio che forniranno i funzionari loro diretti superiori. I funzionari inefficienti o latitanti ingiustificati nelle ore di lavoro subiranno un richiamo scritto, al terzo richiamo ci sarà il licenziamento; il licenziamento in tronco è invece previsto per quelli corrotti.

Il Governo si occuperà di stabilire ulteriori regolamenti scritti o di approvare quelli proposti dalla stessa Pubblica Amministrazione al fine di massimizzare l'efficienza di questa istituzione.

Tutta l'organizzazione della Pubblica Amministrazione, pur non essendo molto differente da quella attuale, sembra maggiormente improntata al raggiungimento della massima efficienza, sia dei singoli funzionari, che dell'organizzazione nel suo complesso. Un forte impulso viene anche dato alla competenza dei membri dell'organizzazione, esasperando forse il tecnicismo a tutti i livelli. Il rischio è forse che un tecnicismo spinto agli estremi potrebbe comportare sia un controllo delle informazioni necessarie a prendere le decisioni, sia una "tecnostruttura", cioè un gruppo di specialisti che potrebbero gestire in maniera illegittima il potere che deriva dalla loro conoscenza tecnica. Il rischio è reale, soprattutto se si pensa che alcune decisioni, quelle ritenute di amministrazione ordinaria, vengono prese all'interno delle strutture della Pubblica Amministrazione, escludendo il Governo. Quando il potere interno alla P.A. è in mano a tecnocrati è sempre possibile che questi cerchino di esercitare il controllo delle azioni della loro organizzazione anche quando le decisioni spetterebbero di diritto ai cittadini, che affideranno poi l'attuazione al Governo. Se da un lato il Governo composto di tecnici è un possibile argine a questo problema, dall'altro ne rappresenta un altro aspetto. Il Governo composto di Ministri-tecnici, con staff di tecnici a loro disposizione, con la creazione di speciali Commissioni di esperti, possono insieme tentare un controllo di ciò che avviene effettivamente all'interno della P.A., impedendo che questa lo escluda quando non dovrebbe; ma d'altro canto tutti questi tecnocrati nelle posizioni di potere potrebbero comportare un rischio per i cittadini. La struttura del sistema, comunque, e la suddivisione dei poteri e dei ruoli, nonchè i metodi di selezione degli stessi membri delle Commissioni, dovrebbero agire da garanzia per arginare un simile problema.

Riassumiamo schematicamente all'interno della tabella 8.5 i punti più importanti del discorso portato avanti fin qui sulla Pubblica Amministrazione all'interno del modello di democrazia diretta.

 

Tab. 8.5 La Pubblica Amministrazione nel modello di democrazia diretta.

- finalità e compiti:

A- amministrazione ordinaria e gestione delle strutture pubbliche

B- attuazione delle decisioni prese dai cittadini, sotto la guida del Governo e dei Ministri

C- ricerca della massima efficienza ed efficacia tramite l'introduzione delle nuove tecnologie, l'ottimizzazione delle strutture e la selezione-preparazione accurata del personale

- selezione, formazione e verifiche di competenza:

A- selezione del personale tramite concorsi pubblici

B- gli incarichi dirigenziali di alto livello assegnati dai Ministri a persone di fiducia (spoil system), purché facciano parte delle liste degli esperti o intellettuali del settore, altrimenti devono venire esaminati da una Commissione di esperti

C- corsi di formazione e aggiornamento del personale

D- per garantire la massima efficienza e preparazione dei funzionari pubblici: esami di idoneità e di competenza necessaria all'incarico, da ripetersi periodicamente ogni 5 anni, per tutto il personale, chi non li supera perde il posto

E- retribuzione che concede riconoscimenti alla qualità e alla quantità di lavoro svolto

F- la carriera si fa per motivi di merito e non per anzianità

- struttura:

A- gerarchica e piramidale, con attribuzione di chiare responsabilità a ciascun livello:

a- struttura amministrativa generale:

1° livello: - i cittadini

2° livello: - i ministeri

3° livello: - enti pubblici istituzionali

4° livello: - enti pubblici speciali e istituzioni di controllo

b- struttura dei livelli interni della P.A.:

1° - i Ministri

2° - lo staff dei Ministri e le Commissioni speciali

3° - i dirigenti della P.A.

4° - i funzionari capi settore

5° - i funzionari normali

B- ogni singolo funzionario pubblico è responsabile della parte di lavoro che gli compete

C- la struttura deve essere organizzata in modo da garantire la massima efficienza e l'imparzialità della P.A.

- controlli e sanzioni:

a- istituzione di speciali corpi di controllo che verifichino la quantità e qualità del lavoro dei funzionari pubblici

b- richiamo scritto per i funzionari inefficienti, al terzo richiamo c'è il licenziamento

c- regolamenti scritti e stabiliti dalla P.A. con l'approvazione del Governo, previa analisi di speciali Commissioni di esperti; o stabiliti direttamente dal Governo tramite la consultazione di Commissioni di esperti

d- licenziamento in tronco per i funzionari corrotti

 

8.4 - Qual'è il ruolo del Presidente della Repubblica?

Dopo tutto quanto è stato detto è legittimo chiedersi se ci sia ancora posto per la figura del Presidente della Repubblica ed eventualmente quali funzioni dovrebbe svolgere. Effettivamente lo spazio che si potrebbe riservare al Presidente della Repubblica sembra assai limitato, soprattutto se confrontato col ruolo che svolge attualmente in molte democrazie rappresentative, specialmente in quelle in cui esiste una forma di governo presidenziale o semi-presidenziale, ma anche se paragonato con le funzioni ad esso assegnate in un regime parlamentare come quello italiano attuale, ben esplicitate dall'articolo 87 della nostra Costituzione:

Art. 87 Cost. It.:

"Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l'unità nazionale.

Può inviare messaggi alle Camere.

Indice le elezioni delle nuove Camere e ne fissa la prima riunione.

Autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del Governo.

Promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge e i regolamenti.

Indice il referendum popolare nei casi previsti dalla Costituzione.

Nomina, nei casi indicati dalla legge, i funzionari dello Stato.

Accredita e riceve i rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali, previa, quando occorra, l'autorizzazione delle Camere.

Ha il comando delle Forze Armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere.

Presiede il Consiglio superiore della Magistratura.

Può concedere grazia e commutare pene.

Conferisce le onoreficenze della Repubblica."

Se operiamo un confronto con i ruoli attribuiti in questo articolo al Presidente della Repubblica in una democrazia rappresentativa come quella italiana, notiamo subito che sicuramente un eventuale Presidente nella democrazia diretta non potrà svolgere tutti quelli che hanno qualche relazione con le Camere, poichè queste non esisteranno più; inoltre, molti di questi compiti vengono eseguiti, nel modello di democrazia diretta, dal Capo del Governo o da altre istituzioni; rimarrebbero a suo carico tutte le funzioni prevalentemente di carattere simbolico come: rappresentare l'unità nazionale; inviare messaggi alla nazione; presiedere il Consiglio superiore della Magistratura; concedere la grazia e commutare le pene; e conferire le onoreficenze pubbliche.

Al Presidente potrebbe anche venire assegnato il compito, di un'importanza relativamente maggiore, di indire ufficialmente i referendum, anche se privo di ogni possibilità di giudizio di merito e formale, poichè per questo compito vi sono già altre istituzioni. Anche in questo caso, quindi sarebbe solo un ruolo simbolico. Potrebbe conservare il compito di promulgare le leggi, potendo eventualmente rinviarle per un'analisi più approfondita alla Corte di Corrispondenza e alla Corte Costituzionale, ma se queste la ritenessero rispettivamente coerente con la volontà espressa dai cittadini tramite il referendum e con la Costituzione, il Presidente sarebbe obbligato a svolgere il suo compito istituzionale e promulgare la legge, senza opporre ulteriore resistenza.

La eventuale presenza del Presidente della Repubblica nella democrazia diretta avrebbe comunque bisogno della legittimazione diretta dei cittadini, l'unico modo perchè esso possa effettivamente essere considerato rappresentante dell'unità nazionale. La durata del suo mandato potrebbe anche essere abbastanza lunga, per meglio svolgere il suo ruolo simbolico di unificatore della nazione.

Riassumiamo schematicamente all'interno della tabella 8.6 le caratteristiche principali del Presidente della Repubblica nella democrazia diretta, anche se la sua presenza potrebbe anche rivelarsi non strettamente necessaria.

 

Tab. 8.6 Il Presidente della Repubblica nel modello di democrazia diretta.

- elezione e durata della carica:

Elezione diretta (due turni per selezionare il candidato + Referendum Confermativo)

A - primo turno per selezionare due candidati

B - secondo turno di ballottaggio: scelta del presidente

C - Referendum Confermativo, con tre turni di possibilità:

1°- necessaria una maggioranza del 75% degli aventi diritto al voto (rimarrebbe in carica 10 anni)

2°- necessaria una maggioranza del 60% degli aventi diritto al voto (rimarrebbe in carica 7 anni)

3°- sufficiente il 50 % degli aventi diritto al voto (rimarrebbe in carica solo 4 anni, poichè in possesso di una legittimazione minima)

- ruolo:

A - quasi esclusivamente di carattere simbolico

B - rappresenta l'unità della nazione

- funzioni:

A - inviare messaggi alla nazione

B - presiedere il Consiglio superiore della Magistratura

C - concedere la grazia e commutare le pene

D - conferire le onoreficenze pubbliche

E - indire ufficialmente i referendum

F - promulgare le leggi, avendo la facoltà di rinviarle per un'analisi più approfondita alla Corte di Corrispondenza e/o alla Corte Costituzionale.

 

8.5 - La struttura dello Stato

Dopo la presentazione delle istituzioni principali che compongono lo Stato, con l'eliminazione da esse del Parlamento, le modifiche nel processo decisionale, il ruolo di mero esecutore che in esso assumono il Governo e la Pubblica Amministrazione, e la funzione prevalentemente simbolica del Presidente della Repubblica; la sua struttura incomincia ad assumere una forma ben definita. E' uno Stato al cui interno esiste una suddivisione dei poteri molto più netta di quanto non avvenga nelle attuali democrazie rappresentative, che pure ne fanno un punto cardine della loro teoria istituzionale.

8.5.1 - Suddivisione dei poteri dello Stato

La suddivisone dei poteri interna al modello di democrazia diretta qui proposto è abbastanza netta: il potere legislativo spetta ai cittadini che lo esercitano direttamente attraverso lo strumento del referendum (tele-voto); il potere esecutivo spetta al Governo che lo esercita attrverso il coordinamento e la direzione della Pubblica Amministrazione; il potere giudiziario invece spetta alla Magistratura (vedi Tab. 8.7).

 

Tab. 8.7 Suddivisione dei poteri dello Stato nel modello di democrazia diretta

Poteri dello Stato

A chi spetta

Attraverso quali strumenti

Legislativo:

Cittadini

Referendum col tele-voto

Esecutivo:

Governo

La Pubblica Amministrazione

Giudiziario:

Magistratura

Le leggi, la professionalità dei suoi membri e la struttura

 

Dei primi due poteri - legislativo ed esecutivo - abbiamo già parlato diffusamente in occasione di come avviene il processo decisionale e nella descrizione delle caratteristiche principali, dei ruoli e delle funzioni del Governo e della Pubblica Amministrazione. Rimane da chiarire il ruolo e le caratteristiche principali che assume la Magistratura all'interno del modello di democrazia diretta.

- Il potere giudiziario: la Magistratura

Contrariamente a quanto avveniva nell'antica Grecia, dove anche il sistema giudiziario era completamente intriso dagli ideali e dai metodi della democrazia diretta, nel nostro modello il potere giudiziario continua ad essere gestito da una Magistratura professionale che agisce nel rispetto e nell'applicazione di un complesso sistema di leggi scritte, che determinano anche i criteri per giudicare e le procedure legali da seguire.

L'unica differenza con i sistemi legali presenti nelle democrazie rappresentative sta a monte e consiste nel fatto che nel nostro caso la legge è maggiormente legata alla volontà dei cittadini, essendo da essi determinata in modo diretto attraverso il referendum e non indirettamente dai loro rappresentanti. E' attraverso il potere legislativo, quindi, che i cittadini hanno l'opportunità di lasciare la loro impronta nel sistema giudiziario, determinandone il contenuto. La gestione di questo sistema complesso deve però rimanere affidata ad un personale preparato professionalmente, in grado di avere tutte le conoscenze necessarie per agire in modo corretto e adempiere, così facendo, alla volontà della maggioranza dei cittadini espressa in precedenza. Eventuali casi in cui concedere la partecipazione diretta del popolo all'amministrazione della giustizia saranno studiati da speciali Commissioni di esperti e poi decisi attraverso il normale processo decisionale.

La professionalità del personale e la struttura del sistema giudiziario saranno gli strumenti attraverso i quali i cittadini gestiranno, questa volta indirettamente, il potere giudiziario, al fine di garantire la corretta applicazione del diritto oggettivo alle situazioni concrete. Da un punto di vista pratico si può dire più semplicemente che il potere giudiziario è affidato a una Magistratura professionale. In questa sede non è nostro interesse, e lo riteniamo inutile, spiegare nel dettaglio il funzionamento della Magistratura, poiché essa conserva le stesse strutture e gli stessi meccanismi di quella oggi presente nelle democrazie rappresentative. Sarà quindi sufficiente ribadire quali sono i punti cardine che riguardano la Magistratura nel nostro modello di democrazia diretta.

Prima di tutto sottolineiamo che la Magistratura deve essere - come dice la stessa Cost. It. - "un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere" (art. 104, 1° comma) e "i giudici sono soggetti soltanto alla legge" (art. 101, 2° comma). Anche nel modello di democrazia diretta si confermano i due significati che il concetto di indipendenza assume nella Costituzione italiana - come in molte altre Costituzioni - cioè quello di indipendenza organizzativa dell'ordine giudiziario e di indipendenza funzionale dei singoli giudici.

Come avviene nella Cost. It., anche nel modello di democrazia diretta si propende perchè la nomina dei magistrati avvenga tramite concorso; l'eleggibilità dei giudici, o di qualsiasi altro componente della Magistratura, sembra assolutamente inopportuna e addirittura pericolosa, poichè oltre a non essere giustificata da alcun principio, - visto che i cittadini stabiliscono già il contenuto della legge e i giudici sono tenuti ad esservi sottomessi - può divenire troppo condizionante per l'attività del giudice stesso. I cittadini devono occuparsi di partecipare attivamente alla formazione delle leggi, ma una volta che queste esistono spetta ai giudici e alla Magistratura in generale applicarle in modo indipendente - lo ribadiamo - da qualsiasi altro potere, avendo come unico vincolo la legge stessa.

Una serie di organi verranno studiati per gestire al meglio la struttura del sistema giudiziario; per ora ci limitiamo a confermare l'esistenza di un Consiglio superiore della Magistratura che ricalchi a grandi linee quello presente nella Costituzione italiana, se non necessariamente per la sua composizione, almeno per le sue funzioni principali. Al Ministro della giustizia spetterà - come nella Cost. It. art. 110 - la gestione dell'organizzazione e del funzionamento dei servizi relativi alla giustizia, ferme restando le competenze stabilite per il CSM.

Per ciò che concerne le norme sulla giurisdizione si confermano i criteri che fino ad ora hanno prevalso nelle varie democrazie rappresentative, con particolare attenzione alla possibilità concessa ai cittadini di avere una tutela giurisdizionale dei loro diritti e interessi legittimi, contro gli atti della Pubblica Amministrazione, di fronte agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa.

La tabella 8.8 riassume in modo schematico i punti principali trattati fin qui e che stigmatizzano la Magistratura all'interno del modello di democrazia diretta.

 

Tab. 8.8 La Magistratura nel modello di democrazia diretta.

- Principi fondamentali:

A - Magistratura indipendente:

1- Indipendenza Organizzativa dell'ordine giudiziario

2- Indipendenza Funzionale dei singoli giudici

B - La Magistratura è soggetta soltanto alla legge

- Nomine e funzionamento:

A - Nomine dei magistrati per concorso

B - Possibili casi speciali in cui concedere la partecipazione diretta del popolo all'amministrazione della giustizia saranno decisi in seguito

- Struttura e organi:

Struttura quasi uguale a quella attuale:

A - esistenza del CSM con compiti e funzioni simili a quelli attuali

B - Ministro della Giustizia con compiti e funzioni simili a quelli attuali

C - altri organi che comunque ricalcano, in gran parte, gli ordinamenti giurisdizionali esistenti

- Garanzie:

Possibilità concessa ai cittadini di avere una tutela giurisdizionale dei loro diritti e interessi legittimi, contro gli atti della Pubblica Amministrazione, di fronte agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa

 

8.5.2 - Il federalismo e l'Unione di Stati nella democrazia diretta

Rimane da definire come vada organizzato il territorio di questo Stato e le sue amministrazioni. Fino ad ora abbiamo parlato delle varie istituzioni, presentandone le caratteristiche principali che assumono nel modello di democrazia diretta, ma senza inserirle in un ambito territoriale. E' rimasta in sospeso la questione se si tratta di uno Stato nazionale o di un sistema federale di Stati autonomi e fino a che punto possa eventualmente giungere tale autonomia.

Il federalismo sembra adattarsi perfettamente alle esigenze della democrazia diretta, con esso infatti è possibile evitare che le dimensioni dello Stato si estendano eccessivamente, cosa che, abbiamo visto, crea numerosi problemi anche nelle democrazie rappresentative (forse maggiori). Con un'organizzazione federale si uniscono insieme i vantaggi dei piccoli Stati - una maggiore uniformità culturale - con quelli dei grandi Stati: nel primo caso, la democrazia diretta può legarsi alla volontà della maggioranza senza il timore di opprimere eccessivamente le minoranze, poichè all'interno di un sistema federale di Stati, ognuno di essi, viste le sue dimensioni non eccessive, può sperare di non avere mai dei conflitti culturali profondi e insanabili; allo stesso tempo potrà avere il rispetto della comunità internazionale - il vantaggio dei grandi Stati - vista la sua posizione di primo piano sotto il profilo politico ed economico.

Quando si parla di federalismo nel modello di democrazia diretta, è bene chiarirlo, non lo si pensa ristretto e inserito solo in un territorio limitato come quello italiano; quando si parla di una Unione di Stati federati si pensa in grande, a livello transnazionale. D'altro canto, l'organizzazione mondiale odierna non consentirebbe a un singolo Stato di svilupparsi proponendo un sistema organizzativo completamente alternativo, troppi gli interessi economici e politici in gioco. L'unica possibilità è quella di applicare la democrazia in un gruppo di Stati che si uniscano in una federazione che permetta loro di avere una certa autonomia economica e un potere politico immediato a livello mondiale.

Per essere ancora più chiari, il modello di democrazia diretta qui proposto, per funzionare non solo tecnicamente e istituzionalmente parlando, ma anche da un punto di vista globale, cioè inserito nell'attuale contesto economico mondiale, dovrebbe almeno venire applicato a livello di Unione europea, oppure, meglio ancora, svilupparsi là dove già c'è terreno fertile, sia per una sensibilità particolare e una voglia di partecipazione diffusa tra i cittadini, sia perchè già sussiste un sistema federale di Stati nel quale poter immediatamente inserire la democrazia diretta, cioè gli USA. Questo però è un discorso che affronteremo meglio nel capitolo 11.

In questa sede, invece, la nostra attenzione è rivolta maggiormente all'aspetto strutturale e organizzativo del federalismo e dell'Unione di Stati nel modello della democrazia diretta, anche se non potremo certamente entrare nel dettaglio della questione, poiché ancora non conosciamo se, e dove il nostro modello sarà applicato.

L'unica cosa che possiamo dire, per ora, è che in questo sistema federale, ogni Stato ricrea al suo interno la struttura e il processo decisionale che abbiamo descritto in precedenza, unendo però le sue sorti insieme a quelle degli altri Stati che fanno parte dell'Unione. Il ruolo simbolico di rappresentante dell'unità nazionale (o federale) del Presidente della Repubblica (Federale) acquista maggiore significato, ora è chiara la necessità anche di questa figura istituzionale per la quale in precedenza, pur definendone le funzioni e le caratteristiche principali, avevamo espresso delle perplessità sulla sua reale utilità. In un sistema federale diventa indispensabile una figura anche solo simbolica come quella del Presidente della Repubblica Federale che tenga uniti tutti i partecipanti alla federazione e non crei delle separazioni troppo nette tra i membri dei diversi Stati.

Dal punto di vista del processo decisionale, esso si sviluppa a più livelli: quello dell'intera federazione per le decisioni riguardanti alcune materie; quello dei singoli Stati membri; e al livello locale per le decisioni che riguardano il proprio Comune.

Lo schema che presentiamo nella tabella 8.9 è solo un abbozzo della struttura di una possibile Unione di Stati, poichè lascia aperte ancora numerose questioni. In questa ipotesi sembra che ci sia la presenza del solo Presidente dell'intera Unione, proprio per simbolizzare l'unità tra tutti gli stati; non viene tuttavia chiarito se i singoli Stati possano essere dotati di una Costituzione autonoma o se la Costituzione sia una sola valida per tutti gli Stati, e quindi i referendum costituzionali debbano essere solo al livello nazionale dell'Unione, se così fosse, ai singoli Stati rimarrebbe la sola autonomia legislativa ordinaria, purché ovviamente non contrasti con quella costituzionale. Queste ed altre questioni rimarranno inevitabilmente aperte fino a quando non si saprà a chi bisognerà adattare il modello di democrazia diretta, quali saranno, se ci saranno, gli Stati che vorranno prendere parte a una Unione di stati federati in cui venga adottato questo modello di democrazia.

 

Tab. 8.9 Ipotesi di struttura dell'Unione Federale degli Stati nel modello di democrazia diretta

 

Livello Nazionale dell'Unione.

Presidente della Repubblica Federale:

ruolo simbolico di rappresentante dell'unità della nazione

Governo e P.A. nazionali dell'Unione: potere esecutivo

é

Processo decisionale nazionale dell'Unione:

referendum con tele-voto per decisioni riguardanti tutta l'Unione

é

Cittadini di tutti gli Stati dell'Unione: potere legislativo

 

Singoli Stati dell'Unione:

Governo e P.A. statali: esecutivo

é

Processo decisionale statale:

referendum con tele-voto per decisioni statali

é

Cittadini dei singoli Stati: potere legislativo

 

Livello Locale (Comuni):

Sindaco e assessori: potere esecutivo-amministrativo locale

é

Processo decisionale locale:

referendum con tele-voto per decisioni locali

é

Cittadini dei singoli Comuni

 

Costruire un modello non vuole assolutamente dire porre per forza delle rigide posizioni su tutti i punti che lo compongono, ma solo cercare di considerare tutti i possibili fattori che possono interagire con esso al fine di armonizzare al meglio le parti che lo compongono, lasciando aperti degli spiragli di flessibilità dove lo si ritiene più opportuno, proprio per offrire al modello stesso la possibilità di adattarsi alle diverse situazioni che la realtà può presentare.

 

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