Milanosud - Anno VII  N° 03 - Marzo 2003 - pag. 7                             

Luca Gandolfi replica all'intervento di Vinio Mondi

ILLEGALITÀ E LEGITTIMITÀ

DELLA DISOBBEDIENZA CIVILE

Ho letto l'articolo del consigliere Mondi (FI) su Milanosud di febbraio (pag. 7) in merito all'agibilità democratica con il lungo elenco di definizioni dei singoli termini utilizzati nell'ordine del giorno di quel consiglio di zona. Un articolo che ricalca in gran parte l'intervento che il consigliere di FI aveva fatto nel C.d.Z. 5 straordinario del 9 gennaio.

Già durante il dibattito in consiglio, nel mio intervento, avevo contestato la definizione che Mondi proponeva per la "disobbedienza civile" e che faceva emergere dalla definizione delle singole parole che componevano un concetto assai più complesso ed ampiamente dibattuto nella letteratura della filosofia politica. Grazie alle reminiscenze dei miei studi universitari, avevo anche suggerito al consigliere Mondi di approfondire la tematica attraverso la lettura di alcuni testi, in particolare "Disobbedienza civile e altri saggi" di Hannah Arendt.

Evidentemente però il consiglio è rimasto inascoltato, visto che nel suo articolo Mondi insiste con le definizioni da dizionario della lingua italiana, piuttosto che approfondire filosoficamente l'argomento.

Nell'attesa che si decida a seguire il suggerimento, colgo l'occasione per citare alcuni stralci del testo della Arendt, nella speranza di offrire maggiori elementi di approfondimento, di riflessione e di discussione ad un dibattito che ritengo estremamente interessante.

Il problema di fondo nella ricerca di una definizione della "disobbedienza civile" risiede nella individuazione di quegli elementi connotativi e specifici che la distinguono da un atto di delinquenza comune.

Secondo la Arendt, "[…] perché vi sia disobbedienza civile è necessario che si verifichi una violazione disinteressata, consapevole e intenzionale di una legge valida emanata da un'autorità legittima […]; è necessario, poi, che questa violazione venga fatta con la precisa consapevolezza che sia doveroso violare la legge e in tal senso la disobbedienza civile è un atto politico per eccellenza, cioè guidato da principi politici. Ma soprattutto la violazione deve essere pubblica e pubblicizzata, perché espressione non della coscienza individuale, bensì dell'opinione di un gruppo."

La Arendt insiste molto sulla distinzione tra privato e pubblico, ma anche sul fatto che "sono le opinioni, e non gli interessi, a spingere alla disobbedienza civile. Essa è volontà di opposizione che si esplica non in base a spinte particolaristiche, bensì sulla scorta di un'opinione condivisa, diretta contro determinate leggi o politiche specifiche, che risultano contrarie al principio comunitario o all'interesse generale."

La disobbedienza civile - sempre secondo la Arendt - non è quindi il frutto della coscienza individuale, bensì di una "coscienza collettiva", cioè politica. Ed è proprio questo l'elemento chiave, come viene spiegato nel testo della Arendt: "La disobbedienza civile, in quanto espressione di un impegno politico, non risponde dunque ad un rifiuto dell'obbligazione politica, bensì ad una riaffermazione della sua priorità sul diritto. La funzione costitutiva della comunità risiede nell'esperienza dell'uomo e non nella potenza delle istituzioni."

La disobbedienza civile viene ad essere quindi, per la Arendt, un momento importante nella formazione della decisione politica, un momento certamente "illegale", ma allo stesso tempo "legittimo" in quanto "nascente da quel potere - agire di concerto - che scaturisce dal basso e le cui radici stanno nel popolo."

L'importanza e la legittimità della disobbedienza civile - sempre secondo la Arendt - risiede nel fatto che "la disobbedienza civile è uno dei momenti che impediscono che lo strumento tecnico della maggioranza degeneri nel governo della maggioranza." Per questa ragione la Arendt chiedeva anche un riconoscimento costituzionale al diritto alla disobbedienza civile. Un modo, insomma, per garantire la possibilità di espressione delle opinioni a gruppi minoritari, senza che questi siano costretti a subire il dispotismo di un gruppo maggioritario che ha la volontà di imporre agli altri la sua opinione.

In estrema sintesi e semplificando il pensiero della Arendt, si tratta di una garanzia di libertà che le istituzioni devono garantire alla libera azione politica degli uomini, anche contro le istituzioni stesse.

Il dibattito sulla disobbedienza civile non si esaurisce certamente qui. Come pure è vero che il contributo prezioso fornito dalla Arendt non è l'unico. L'argomento meriterebbe certamente un maggiore approfondimento, che purtroppo non è possibile con il poco spazio a disposizione.

Tengo a precisare che, anche in base a quanto fin qui detto, la distruzione di una città o di una parte di essa non è in alcun modo riconducibile alla "disobbedienza civile" perché è e rimane un atto di inciviltà, di vandalismo gratuito senza alcun significato politico plausibile.

Il Social Forum di Firenze dovrebbe però aver insegnato anche ai più scettici che i movimenti che vi prendono parte hanno tutto l'interesse a valorizzare il momento del dibattito e della manifestazione pacifica delle idee politiche.

Sono evidentemente altri quelli che hanno l'interesse a far degenerare in scontri violenti questi forum, cioè quelli che difendono il potere costituito, lo status quo e che traggono vantaggio dal fatto che i media sono costretti a puntare tutta la loro attenzione su eventuali scontri violenti, piuttosto che sui contenuti politici che propongono sistemi alternativi di governare il mondo e la globalizzazione secondo principi diversi da quelli oggi dominanti e che puntano a sostituire la logica economica del profitto con quella umanitaria della solidarietà tra i popoli e di una convivenza pacifica. Un mondo certamente migliore di quello in cui viviamo oggi.

Luca Gandolfi

Consigliere di Zona 5 (indipendente di CenstroSinistra)

luca.gandolfi@tiscali.it

 

N.B. Le citazioni sono tratte dalla presentazione al testo di Hannah Arendt "Disobbedienza civile e altri saggi", Giuffrè editore, 1985

  

Il titolo originale dell'articolo era:

DISOBBEDIENZA CIVILE  

Il consigliere Gandolfi replica al consigliere Mondi sul tema della disobbedienza civile