Anno XVII N° 4 - Aprile 2009 - www.laconca.org - pag. 8
Sale giochi e dipendenza da gioco d'azzardo: spunti per una riflessione
di LUCA GANDOLFI - Consigliere di Zona 5 (Di Pietro Italia dei Valori)
www.lucagandolfi.it - info@lucagandolfi.it
Il
2 aprile in Commissione Commercio abbiamo analizzato l’ennesima richiesta di
apertura di una sala giochi, in questo caso in piazza Carrara 2. Ancora una
volta la posizione condivisa da tutte le forze politiche è stata quella di
esprimere parere contrario.
Tralasciamo
i dettagli del singolo caso perché ci pare giunto il momento di iniziare a fare
una riflessione sul fenomeno del gioco d’azzardo che negli ultimi anni sta
dilagando. Un fenomeno che non riguarda certo solo Milano e che non si limita
certo alle “sale giochi” su cui i Consigli di Zona sono chiamati a dare il
loro parere (obbligatorio ma non vincolante). Anzi, a ben vedere queste sono
l’ultima ruota del carro del gioco d’azzardo e probabilmente anche quella
che, grazie ai pareri contrari dati dai C.d.Z. e dalla Polizia Locale,
incontrano maggiori difficoltà a diffondersi.
Se
i C.d.Z. possono cantare vittoria su un fronte, nulla possono contro la
battaglia più generale nei riguardi del gioco d’azzardo. L’unica cosa che
nel nostro piccolo possiamo fare è sensibilizzare le persone sul problema. Ed
è proprio con questo scopo che viene scritto questo articolo, per dare alcune
cifre sul fenomeno e degli spunti per riflettere sulle problematicità da esso
prodotte.
Secondo
uno studio compiuto nel febbraio 2007 dal SIR
la Lombardia è la capofila del gioco d’azzardo con i suoi 94 concessionari
per le scommesse a quota fissa, le 49 sale Bingo, le 40.409 macchinette sparse
sul territorio (numero in continua crescita). La Lombardia è anche la regione
dove si gioca di più: nel 2005 sono stati spesi quasi 5 miliardi di euro per le
varie forme di gioco d’azzardo e il dato è in continuo aumento.
Queste
importanti cifre evidenziano che dietro al fenomeno ci sono grossi interessi
economici. Vi è però anche l’altra faccia della medaglia, quella di chi è
giocatore e delle loro famiglie, troppo spesso portate alla rovina dal familiare
vittima del vizio del gioco. E se è vero che le parole hanno una loro
importanza, utilizzare il termine di “gioco” è fuorviante, come pure è
troppo poco parlare di “vizio” perche in realtà si tratta a tutti gli
effetti di una grave malattia che crea
dipendenza.
Lo
conferma anche il dott. Michele Sforza,
direttore del Centro Studi e Terapia
della Psicopatologia della casa di cura “Le
Betulle” di Appiano Gentile che da circa dieci anni si occupa dei malati
di gioco compulsivo (circa un milione di persone in tutta Italia!). Il dott.
Sforza spiega in un’intervista: “il
giocatore compulsivo è quello che non è in grado di smettere di giocare, pur
essendo, a volte, anche consapevole delle conseguenze dannose per sé e per la
propria famiglia. Il nostro compito è quello di aiutarlo a non giocare più.
[…] il primo passo consiste proprio nel far prendere coscienza all’ammalato
della sua condizione e della necessità di sottoporsi a terapie disintossicanti.”
Perché il gioco d’azzardo è l’equivalente di una droga e come le droghe
crea dipendenza. Per uscirne sono necessarie delle cure vere e proprie che
consistono – come spiega il dott. Sforza - in terapie di gruppo a cui a volte
si aggiungono anche delle cure farmacologiche per quei soggetti che sono colpiti
anche da depressione.
Sempre
per affrontare il problema, nel 2003 è nata a Gallarate per iniziativa della psicologa Daniela Capitanucci
l’Associazione “Azzardo
e Nuove Dipendenze” (www.andinrete.it) che ha dato origine a due
gruppi di terapia, uno a Varese e l’altro a Legnano. L’associazione si pone
anche l’obiettivo di sensibilizzare la società e le istituzioni sul problema.
Purtroppo la risposta delle istituzioni a volte è assai deludente, come spiega
la Capitanucci: “Si avverte una scarsa sensibilità delle istituzioni rispetto a questo
problema. Un dato su tutti: la Regione Lombardia ha recentemente approvato il
Piano Socio Sanitario triennale, che non prevede nulla per la cura dei giocatori
d’azzardo. Questa patologia non è inclusa nei livelli essenziali di
assistenza e così, da un lato le famiglie non sanno a chi rivolgersi e,
dall’altro, i servizi sono impreparati ad accogliere i malati e ad affrontare
un fenomeno che, invece, sta assumendo dimensioni sempre più di allarme
sociale.”
Il
gioco d’azzardo è una malattia che crea dipendenza, con gravi ripercussioni
anche sulle famiglie di chi ne è affetto.
In
un contesto socio economico che sembra sempre più rivolto ad una situazione di
crisi globale, ad alcuni ingenui il gioco d’azzardo sembra come una luce di
speranza per uscire dalle tenebre, ma si tratta solo di un abbaglio che può
portare solo a sprofondare in una situazione sempre più grave.
Le
istituzioni non possono stare immobili a guardare o, peggio, addirittura
investendo capitali di soldi pubblici per incrementare il fenomeno del gioco
d’azzardo, perché questo non solo non è etico per uno Stato, ma risulta
addirittura dannoso per i cittadini.
Chi
ha responsabilità di governo ai vari livelli istituzionali deve riflettere non
solo seguendo la logica del massimo profitto economico, ma anche e soprattutto
tenendo conto delle gravi conseguenze che può creare ad alcune famiglie. È
necessaria una seria riflessione politica sul tema.
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